Il Figlio
Bella di papà. Il girl power diventa questione di famiglia
Padri violenti, padri cliché, padri ambigui. Attenti al nuovo vento da hashtag
Nel 2003 quattro ragazzi della periferia milanese cantano la storia di una ragazza, anche lei di periferia. Diversamente dalla “Ragazza di Periferia” di Anna Tatangelo, in cui la collocazione urbanistica è simbolo di innocenza, questa ragazza vive in un posto tutt’altro che innocente, dove per strada suonano le sirene della polizia che vengono a prendere il padre che l’ha violentata. Il singolo “Mary” del gruppo Gemelli Diversi resta nella classifica dei singoli più venduti (usando la vecchia dicitura pre-streaming) per mesi. E’ una canzone che arriva in coda a un periodo iniziato negli anni ’90, quando la pedofilia diventa un tema pervasivo nei TG, nei talk show, negli spazi pubblicitari. Lo slogan “19696 il Telefono Azzurro per noi” vive in un cassetto della mia memoria insieme a “Fa la dieta, vuole fare la modella”, avviandomi dall’infanzia ai due grandi timori dell’adolescente media dei 2000: subire una violenza sessuale, e ingrassare.
Mentre la percezione del pericolo entra nelle case dalla tv, le statistiche mostrano che in realtà gli abusi erano già lì. Così le riviste per preadolescenti, i film e le serie tv si riempiono di ragazze violentate dai padri. Il personaggio di Valerie Malone in “Beverly Hills 90210” è rappresentativo del canone della ragazza abusata televisiva: arie da bad girl, ci prova con i maschi e si fa odiare dalle femmine, per poi rivelare il suo trauma al primo uomo che non la usa solo per il sesso.
In questo modo noi piccole spettatrici imparavamo che la libertà sessuale era scatenata da un trauma. Quando la ragazza che non ha problemi a concedersi si trova in un contesto comico, ha un più eufemistico daddy issue, cioè un problema col papà. “Daddy Issues” è il titolo originale di “Bella di papà - La figura del padre nella cultura contemporanea” di Katherine Angel, pubblicato da Blackie Edizioni. Angel ha avuto l’idea di dedicare un libro ai rapporti padre-figlia dopo lo scandalo Weinstein e il #metoo: dei tantissimi racconti di molestie e di più generali interazioni viscide e sgradevoli con uomini, pochissimi riguardavano i propri padri.
Perché sono tutte bravissime persone? Statisticamente improbabile. Secondo Angel una delle ragioni di questo silenzio è legata in parte alla disaffezione del femminismo nei confronti del termine “patriarcato”, tornato ora in grande spolvero, ma seppellito dal “girl power” di spicegirlsiana memoria, che più che ridiscutere i sistemi di potere e le relazioni di genere ci teneva a battere sull’importanza di avere un’indipendenza economica e delle amiche. Oggi che Smash the patriarchy è stampato sulle tazze, “Bella di papà” fa il quadro di cos’è per una figlia un padre e per un padre una figlia. Ci sono le figure pubbliche a cui la figlia serve a garanzia delle buone intenzioni, come è stata Ivanka per Donald Trump; ci sono i padri sentimentali che attraverso la nascita di una figlia scoprono l’anima nera della mascolinità. E poi ci sono i padri gelosi, anche quelli del cliché comico. Li guardiamo competere con ragazzi ritenuti indegni di “sostituirlo”, identificarsi con gli uomini che ronzano intorno alla sua “bambina”, escogitare piani per eliminarli in memoria dei pensieri zozzi fatti da loro stessi sulle donne.
E lo spettatore si diverte, senza percepire la leggera brezza incestuosa soffiargli sul collo. All’alba del movimento #metoo, una figlia adottiva ha denunciato di essere stata vittima di un famoso padre regista, caso aperto e chiuso negli anni ’90 in tribunale e riaperto, oltre che sui giornali, su Hbo nel documentario “Allen v. Farrow”. E sempre quest’anno l’hashtag #metooinceste in Francia ha rilanciato il tema della “bestia” in famiglia (citando i Gemelli Diversi). Dopo i capi molesti e i compagni violenti, forse questo sarà l’anno in cui si chiederà ad alcuni padri di fare i conti con i loro daughter issues.