Il Figlio
L'altra verità
Loro e noi. I bambini e i fantasmi. Il nuovo giro di vite di Roberto Cotroneo
Ho sempre pensato che siano gli adulti una minaccia per i bambini, e non il contrario. Del resto le cronache ne danno ampia conferma. Ma invece cinema e letteratura offrono spesso dell’infanzia un’immagine inquietante. Basta pensare a Giro di vite di Henry James con gli impeccabili fratello e sorella Miles e Flora, trasformati da un’istitutrice pazza che “vede” i fantasmi, in ipotetici visionari doppiogiochisti. E che dire di Regan, la ragazzina posseduta dal demonio nel film L’esorcista, o la terribile Esther dell’Orfana senza sorriso, o il Damien figlio di Satana nel Presagio. Per non parlare delle gemelline Grady di Shining…
I bambini, non avendo ancora sviluppato la razionalità e vicini al mistero da cui tutti veniamo, sono perfetti per gli scrittori e i registi che giocano con gli incubi. A proposito di gemelle, non so se Roberto Cotroneo ha pensato a Shining nel suo nuovo romanzo, Loro (Neri Pozza, 191 pagine, 17 euro); sicuramente però, già dal titolo, aveva in mente Giro di vite in cui la parola, “loro” incombe con temibile frequenza a indicare sia le presenze dei morti che tornano a spaventare i vivi, sia proprio i due innocenti bambini protagonisti che devono sembrare al lettore falsi e perversi, corrotti da un presunto misterioso rapporto con l’aldilà. Anche nel romanzo di Cotroneo, “loro” sono le bambine, Lavinia e Letizia, con un’ambiguità che fa pensare a quegli altri “loro”, i fantasmi. Se ancora vogliamo stabilire somiglianze fra la storia di Loro e quella di James, possiamo dire di un’istitutrice dalla mente malata e affascinata dal proprietario della ricca casa dove è stata assunta, di una precedente istitutrice che ha imbastito una relazione con un altro dipendente per poi morire, l’una e l’altro, in circostanze misteriose e qualche altro parallelismo di secondaria importanza. Ma poi il nuovo romanzo si sviluppa liberamente, costruendo una storia originale e mettendo in scena altri personaggi ognuno con una sua identità e dignità che li risparmia dall’essere soltanto marionette di un plot noir in cui si ragiona “di morti che apparivano vivi, e vivi che sembravano morti”.
Si ragiona e si sragiona, ma con una musica di sottofondo (grande forza del musicalissimo Cotroneo) in cui ha una parte importante il pianoforte con le capacità o incapacità delle bambine, ambigue anche in questo, a muovere le dita sui tasti. Un pianoforte che arriva in primo piano quando a suonarlo è… un fantasma. Allora riecheggia per tutta casa “… la sonata n. 9, la Messa nera di Aleksandr Skrjabin. Una musica terribile, scritta da un compositore che sapeva scoperchiare l’inferno”. Ma insomma, tutto in questo libro sembra scritto per scherzo e tutto diventa strada facendo vero: dai nomi dei genitori delle bambine, Umberto e Alessandra Ordelaffi, all’architetto di fama internazionale Rem Koolhaas che avrebbe progettato la casa di vetro in cui vivono tutti sotto lo sguardo dei fantasmi, alla sindrome di Korsakoff citata a un certo punto a giustificare il clima contagioso di follia che si va espandendo nella villa. “Loro cosa vogliono da voi? Fu questa la domanda che non dovevo fare, che mi ha rivelato il male: il male del mondo.
La tenebra che cerchiamo di non vedere, di non capire, ma che ci raggiunge sempre, è fatta di questo, di questa materia sfuggente, di queste antiche credenze, di queste divinità antichissime che ancora sfidano le religioni moderne, le cose nascoste sin dalla fondazione del mondo” riflette Margherita, così lucidamente che si aderisce alla sua follia. Perché sempre i matti ci mettono di fronte all’altra possibilità, l’altra verità. Terribile sarà il finale, al quale l’autore arriva lentamente e con maestria da vecchi tempi, quando si aveva nella letteratura una fiducia totale, suscitando allarme e sorpresa e anche una disturbante commozione.