Il Figlio
Addio padre
Capovolgere il sogno americano, cominciando subito dal fallimento
Victor è un uomo alto e arrabbiato, ma è anche un uomo anziano e brutto. Non era bello nemmeno da giovane eppure è invecchiato male, peggio di quanto si potesse immaginare. Fuma sigari il che vuol dire che puzza di sigaro e appesta tutte le stanze che attraversa con il suo ostentato passo pesante, anche i vicini del piano di sotto si lamentano delle vibrazioni. E allora lui cosa fa? Alza le ginocchia e fa cadere i piedi sul pavimento ancora più forte, fa ancora più rumore, dà ancora più fastidio.
Victor si direbbe in gergo, è un uomo alla frutta con una moglie che lo detesta in silenzio ormai da anni. Barbra non parla praticamente più con lui, è ormai taciturna fino al gelo. E se gli parla è solo per riportargli noie e questioni, rimproveri e aridi lamenti. Victor sente il disamore attorno a sé: della moglie, dei figli e degli amici che non ha più, il più evidente tra tutti i suoi fallimenti e così con il cuore spezzato cammina con il suo passo pesante verso la camera da letto, verso la propria morte. Perché proprio in prossimità del letto crolla con tutto il corpo colpito da un infarto che lo lascia privo di sensi. Eccolo correre su un’ambulanza verso la terapia intensiva dell’ospedale.
Inizia così il romanzo di Jami Attenberg, “Tutto questo potrebbe essere tuo” (tradotto da Cristiana Mannella e pubblicato da Einaudi). Con un protagonista che resterà all’interno delle oltre duecento pagine del libro come l’anima assente attorno a cui tutto si muove e ruota. Victor non è solo un vecchio malconcio e terrificante, ma è anche un criminale dai traffici oscuri ed è soprattutto un padre che costringe i propri figli che pure sempre lo hanno temuto fino all’odio, ad amarlo. Con molte contraddizioni si trovano chi da vicino chi dà lontano al suo capezzale a cercare di sbrogliare il mistero che unisce li unisce a un padre violento e oscuro come il male quando si palesa dentro l’intimità di una famiglia.
L’autrice, Jami Attenberg, con una scrittura vivida e brillante capovolge così lo schema del classico grande romanzo americano non più giocando sull’illusione di un sogno che si traduce quasi sempre in fallimento se non in tragedia, ma partendo da presupposti disastrosi, ovvero quelli di un padre manesco e irrazionale quanto manipolatore e truffatore incallito. Un padre oltretutto anche privo di ogni possibile e immaginabile ironia e brillantezza. Partendo così da questi elementi il romanzo diviene un’indagine sull’origine e la contraddizione di un amore che nonostante tutto resiste, quello tra Barbra e Victor e quello tra Victor e i suoi figli: Alex e Gary. Piano piano si scioglie il groviglio di falsità, mezze verità e truffe che hanno sostenuto la sua vita.
Eppure più la storia del padre viene a galla più i figli, la moglie e i nipoti si trovano a fare i conti con i propri microfallimenti di uomini e donne brillanti che nonostante le pessime premesse hanno avuto o stanno ottenendo quello che si usa definire il successo, il Sacro Graal del mondo occidentale. Più la verità attorno a Victor si fa evidente più le vite dei figli si intrecciano con quella di un padre considerato fino a ora estraneo e diverso da loro. Tutto questo potrebbe essere tuo è così la messa in scena di un legame che più viene negato più si rivela nelle viscere dei figli e dei genitori, una scoperta dolorosa e a tratti anche ridicola. Non mancano infatti pagine comiche a fianco a momenti di dura commozione.
Un padre che ha inquinato a tal punto la vita dei propri figli muore lasciando dietro di sé l’alone di un inganno che si staglia a monte di ogni cosa: sopra la manipolazione con cui ha fatto innamorare un tempo Barbra e sopra l’angosciante dipendenza con cui ha legato i figli a sé. Nulla ha più valore ora che la morte lo ha preso, ma resta l’obbligo di una relazione che ora vive di assoluti: morte, amore e sesso da cui non è mai possibile fuggire. Come dai propri padri, come dai propri figli.