Elaborazione grafica di Francesco Stati 

il figlio

Una fotografia e la vita non vissuta di una madre

Michele Neri

“Tutto è iniziato con una foto”. Lotta e metamorfosi ritrovata in un sorriso

In un’epoca in cui tutto finisce, spesso malamente e senza riscatto in un’immagine casuale, è consolante perché rinsalda il patto con la verità della memoria, scoprire un romanzo che esordisce così: “Tutto è iniziato con una foto”. Dal ritrovamento di una sconosciuta stampa in cui la propria madre, giovanissima e nubile, chinava la testa di lato, i capelli biondi a incorniciare gli occhi verdi e soprattutto quel sorriso luminoso che il figlio non avrebbe mai conosciuto nella straziante vita insieme, il giovane romanziere francese Édouard Louis fa partire sia il ricordo, che la restituzione di un’ipotesi di felicità.

  

È sbalordito quando si accorge che, grazie a quel sorriso rivolto al futuro, la vita di sua madre avrebbe potuto essere altrimenti; non la lotta costante con due mariti violenti e alcolizzati (il secondo, padre dell’autore, è il soggetto del precedente Chi ha ucciso mio padre); non la povertà estrema, i lavori miserabili che dovrà accettare per mantenere cinque figli, prigioniera di uno spazio domestico in cui i mariti tornavano per umiliarla, e dei quali si era liberata abbandonandoli entrambi. Lotte e metamorfosi di una donna (traduzione di Annalisa Romani, La nave di Teseo) con quella foto “scandalosa” rispetto all’esperienza di figlio, con quella gioia negli occhi, un “imbroglio” rispetto alla verità successiva, realizzano sia la liberazione di un destino creduto segnato che la riconciliazione con il proprio. Guidato da quell’immagine, lo scrittore (che intanto ha abbandonato famiglia e provincia, trasferendosi a Parigi, anche per vivere il proprio essere gay lontano da un contesto omofobo, e ha scritto il bestseller Farla finita con Eddy Bellegueule), ripercorre la biografia della madre, liberatosi di quella vergogna per la miseria, per l’ignoranza che gli impediva di amarla, e poi della vergogna successiva quando, scappata dal padre di Édouard, lei raggiunge il figlio nella capitale appassionandosi ai gusti borghesi, ai trucchi, ai vestiti, cercando ristoranti chic: assume un’identità di donna che il figlio non riesce a capire che possa essere una conquista, vivendo ormai lui in un milieu in cui è considerata opprimente. “Quando ero piccolo ci vergognavamo insieme – di casa, della povertà. Ora mi vergognavo di te, contro di te.
 La mia vergogna e la tua si sono divise”.

   

È la fotografia a cambiare tutto, staffetta di ritorno dal passato, con quell’espressione sfocata di gioia (“Immagino che avrà tenuto la macchinetta al contrario per prendere il viso nell’obiettivo. Allora non esistevano i cellulari e fotografarsi da soli non era facile”), a sostituire rancore, incomprensione, distanza con un’altra storia non avvenuta: il sogno di diventare cuoca, interrotto dalla prima maternità a sedici anni. Nello scatto il figlio riconosce il diritto per la donna di pensare a sé al futuro. È raro che esistano fotografie dei momenti davvero importanti della vita; non mancano invece, tra album, cassetti, chiuse in lettere o libri, quelle che conservano chi saremmo potuti diventare e trattengono vite non vissute. Spesso sono fotografie “involontarie” –nel senso che non sapevano di essere un giorno avvicinate da uno sguardo altrui che avrebbe letto la strada non percorsa o abbandonata, forse non per sempre. Lotte e metamorfosi di una donna è la prova intensa, commovente di questo viaggio ai confini dei sentimenti, oltre le barriere che le abitudini e i malintesi hanno eretto. Le prime parole di questo nuovo capitolo di Édouard Louis nella propria lotta letteraria per denunciare la verità di una famiglia di esclusi, vittima dei soprusi della società, dimostrano che la ricchezza oggi consiste anche nella possibilità di conservare un sedimento che protegga la memoria. A chi, mentre oggi scatta, non pensa anche al futuro, al proprio destino, questo non è concesso.

  

Di più su questi argomenti: