Il Figlio
La dissonanza della realtà: tra i profughi di Przemyl e le domande dei miei figli
Due generazioni di giovani, una che si preoccupa per la guerra, l'altra che la vive. Un racconto dal confine fra Polonia e Ucraina, dove arrivano centinaia di profughi ogni giorno
Maurizio dice che scoppierà la Terza guerra mondiale e che le scuole chiuderanno presto”. Era il 24 febbraio quando mio figlio Leonardo ha riportato quello che aveva sentito a scuola il primo giorno di bombardamenti sull’Ucraina. L’informazione arrivava da un suo compagno e conteneva una preoccupazione e una speranza subito delusa (“Le scuole non chiudono”), ma da quando non c’ho capito niente della pandemia - cioè da subito - ho perso qualsiasi credibilità di prevedere l’entità delle preoccupazioni. Quindi mio figlio non era molto convinto e poi Maurizio a casa nostra è una autorità. Anche se ha dieci anni ed è il più basso della classe sembra sempre saperne più di altri. E’ stato lui a dire a tutti che Babbo Natale non esiste e che a fare i regali sono i genitori. Maurizio sa sempre un sacco di cose e anche a me è venuto il dubbio che abbia ragione, sia su Babbo Natale sia sulla Terza guerra mondiale.
Con questi timori e con queste nuove verità sono partita per Przemyśl, al confine fra Polonia e Ucraina, dove arrivano centinaia di profughi a bordo dei treni che partono da Leopoli. Fuori dalla stazione la neve, il vento gelido che si infila sotto i piumini punge le mani e brucia gli occhi. E’ quasi primavera, ma nessuno se ne accorge. Dentro la stazione una distesa di persone in piedi, sedute, sdraiate, tutte senza mascherina, orpello di una emergenza dimenticata, scalzata da una paura più impellente. Seduta a terra Anastasia, 14 anni, accarezza il gatto che si è portata da Kiev. In piedi Sofia, 72 anni, di Mariupol, zoppica sorretta dalla figlia. Ivan, 3 anni, urla disperato attaccato al collo di sua madre. E’ l’esodo di un mondo fragile quello che arriva a Przemyśl, fatto di anziani, donne, bambini, adolescenti, disabili, cani e gatti.
Mentre sono in stazione mi arriva l’eco di quello che accade in Italia. Al telefono mio figlio mi aggiorna sulle analisi geopolitiche di Maurizio. Mia madre vuole sapere se mangio, che poi è quello che si raccomanda sempre, anche in caso di attacco nucleare: tu mangia però. Mia figlia, che ha 14 anni, dice che vuole andare a dormire da un’amica una sera in cui non ci sono i genitori. Non mi pare il caso, le dico, e lei passa a chiedermi se sento le bombe, se vedo dei feriti. Dico di no, pensando di rassicurarla, e invece sento una certa delusione al telefono e capisco che mia figlia soppesa da lontano la mia trasferta e valuta se sia spendibile nell’assemblea di istituto che si terrà il giorno dopo e che avrà come tema proprio la guerra. Niente bombe in assemblea, quindi sono una madre inutile.
Intanto mi sposto a Medyka dove incontro Tania, 16 anni, lunghe trecce castane e l’apparecchio ai denti. Ha viaggiato da Ternopil per venti ore in bus assieme alle sorelle più piccole. Mi spiegano che stanno aspettando la mamma, che lavora a Napoli come colf, sperano di ricominciare presto la scuola, la nonna e il nonno sono rimasti a Ternopil e sì, hanno avuto paura. Sul profilo Instagram di Tania c’è un prima e un dopo: nel mondo di prima Tania è una normale adolescente che si mette in posa con il cane e con gli amici, nel mondo di poi c’è un post con una bandiera ucraina. Quando il giorno dopo le scrivo per sapere se ha trovato sua madre scopro che non è ancora arrivata. Tania e le sue sorelle hanno dormito all’aperto, per terra. Penso a mia figlia che vuole dormire a casa dell’amica senza i genitori e alla mia contrarietà come un orpello di un mondo lontano, come le mascherine in stazione.
Intanto mio figlio mi aggiorna al telefono: in palestra qualcuno ha detto che la Russia ha invaso l’Umbria e una bambina originaria di Perugia è scoppiata a piangere. E Maurizio che dice? Sostiene ancora che verrà la Terza guerra mondiale? Niente mamma, lascia perdere Maurizio, non gli crede più nessuno, è un cazzaro, ha anche detto che Batman vola. Intanto mando un messaggio a Tania. Sono in pensiero per lei, come per tante persone che ho incontrato al confine. Mi risponde dopo due giorni, è con la madre, in viaggio verso Napoli.