Il figlio
L'arte del matrimonio, ovvero la confusione del sesso che brucia il mondo
Non è solo un romanzo di coppie fluide, di amore e amicizia, c’è anche l’arte e ci sono i figl. Di contorno le città: la Londra dei vicoli segreti e l'unicità di Venezia
Da ragazza Christine si era innamorata di Zachary e la sua amica Lydia di Alex, il migliore amico di Zachary. Le coppie si sono presto invertite, lavorano tutti con l’arte o l’insegnamento senza perdere un certo fervore sovversivo. Alex e Christine –introversa e austera– hanno una figlia, Isobel. La figlia di Zachary e dell’avvenente e fatalista Lydia si chiama Grace: è caustica, avventata e mascolina quanto Isobel, sua migliore amica, è riservata, mite. C’è stata una sola serata nella lunga vita parallela del quartetto, consumata tra Londra e New York, in cui quel desiderio residuo ma vietato, si è spinto all’esterno ricreando una vecchia familiarità di corpi, sorprendendo tutti in un’alcolica partouze alla festa d’inaugurazione della galleria d’arte di Zachary. Poi per tanti anni soltanto amici, confidenti affettuosi, due coppie speculari e immutate.
Questo il sestetto con cui l’abile cucitrice e smantellatrice di relazioni Tessa Hadley costruisce un romanzo scaltro e impietoso, L’arte del matrimonio (traduzione di Milena Zemira Ciccimarra, Bompiani). Non si può evitare la sensazione di essere sotto una lente che intuisce e anticipa le mosse di coppie di lunga data, dei rapporti con i figli, del tradire pensando di averne diritto. C’era un filo sempre teso nella volatilità sentimentale dei quattro adulti, alimentato dalle passioni in comune o dalle stanchezze coniugali finché, ed è l’inizio del romanzo, quando tutti hanno ormai superato la cinquantina, Zachary ha un infarto e muore, lasciando Lydia alla sua infelicità ricercata di eterna aspirante artista e la figlia Grace alla sofferenza più nera, per la perdita del padre da cui aveva ereditato l’interesse per la scultura.
Come consolare Lydia? E’ la domanda che infervora il romanzo e quale ruolo possa assumere il primo amore di lei, Alex, il diligente maestro di scuola, ora che la morte di Zachary turba anche la sua relazione con Christine che rifiuta l’intimità con il marito, diventata una “membrana insopportabile”. E se a confortare Lydia non basta essere accolta dalla coppia di amici a casa né la dedizione di Christine, Alex può accettare l’invito pressante a consolarla fino fare l’amore con lei? E’ Lydia a pretenderlo. Succede. Christine lo scopre: è Lydia a dirglielo perché è impossibile tacere, essendo due poli connessi tra loro da “un cavo vivente”, Alex.
Entrano in scena le figlie. Isobel taglia i rapporti con il padre. Grace, che già detestava la vacuità materna, ha un altro motivo per farlo. Che cosa imputano ai due genitori traditori? Tessa Hadley esplora un altro fronte perturbante, la relazione tra età e sesso, tra verità del corpo e del ruolo in quell’ordine verticale che è la famiglia.
Agli adulti non sono più permessi quei rapporti che tradiscono errori evidenti, esito di ebbrezze o in questo caso di teneri esperimenti consolatori dell’amica? Perché, se capita ad Alex, travolto da Lydia forse innamorata o solo disperata e che lo rigetta nelle “oceaniche profondità del sesso”, prospettiva “decorosamente chiusa nella sua vita matrimoniale”, lui non può fare appelle numerose attenuanti della giovinezza? Gli adolescenti sanno che, a parte il sesso, non esiste altra redenzione nel mondo, ma non perdonano ai genitori di avvalersene. Isobel è disgustata dalla lettera che sua madre vorrebbe scrivere al marito e poi cestina, in cui espone il proprio tumulto in una confessione adolescenziale. Alex si pente per aver costretto la figlia a pensare a lui come un “maschio dotato di desideri sessuali”. Tessa Hadley inizia così un secondo romanzo nel primo: i figli delusi dai tradimenti dei grandi, i grandi a cui è proibita la purezza nella confusione del sesso fuori dalla necessità, ma che, “nell’istante in cui ardeva, bruciava il mondo intero nella sua fiamma”.