Il figlio
Vite nel vento. Spiragli di pace e pazienza orientale, salvarsi non è poi così impossibile
Una storia di maturazione dolce e profonda: "Il sogno di Ryosuke" è il racconto della crisi esistenziale di tre uomini alla deriva, in cerca delle risposte in un'isola piena di caverne e di capre
Forse capita a tutti di chiedersi se i demoni che hanno tormentato i nostri genitori ci vengano tramandati. Se la ferita che un padre si portava dentro debba poi dare la caccia a un figlio, per un patto misterioso tra cromosomi. Sarà possibile non farsi trovare? Oppure sarà da quell’inseguimento che impareremo qualcosa di fondamentale su di noi? Il sogno di Ryosuke di Durian Sukegawa (appena uscito per Einaudi), prova a rispondere a queste domande. Ci porta su un’isola remota al largo delle coste del Giappone: qui arriva Ryosuke, un ragazzo taciturno, ex cuoco, che dopo aver tentato il suicidio infilandosi un coltello nel petto decide di cambiare vita. Accetta un lavoro da carpentiere nell’arcipelago, dove anche il traghetto delle provviste arriva solo una volta a settimana, e si ritrova a scavare tutti i giorni. Sono tante le metafore che, volendo, aspettano il lettore qui dentro: per esempio questo protagonista disperato che vuole salvarsi e, per farlo, scava. Scava perché viene da una vita di cui deve capire ancora molto: la sua tensione verso la sofferenza, ma anche il motivo per cui tanti anni prima suo padre si è impiccato, e quali sono i suoi sogni, se ci sono. L’isola custodisce poi un segreto vivo, che è il migliore amico del padre.
A quell’uomo la madre di Ryosuke, morta da poco, ha scritto lettere per vent’anni. Chi è? Che cosa lo legava a loro? Si sa che i due uomini si erano messi in testa di fare il formaggio di capra, come i francesi. Non riuscendoci, e travolti dai debiti, uno era fuggito, l’altro si era ucciso. Ma è davvero tutto qui? Il nostro Ryosuke, con la ferita che si è provocato e quelle che gli hanno lasciato in eredità, cerca la voglia di non farsi del male e il coraggio per fare le domande più difficili. Hashi, dal canto suo, prova ad accoglierlo; non sa rispondere a nessuna delle cose che vorrebbe chiedergli il figlio del suo vecchio amico, ma forse potrebbero riprendere in mano il sogno matto del formaggio francese fatto in Giappone. Con una scrittura pacata, orientale nella pazienza, Sukegawa ci guida dentro quest’isola piena di caverne: segreti nel segreto. Piena di capre: la risorsa, o forse la risposta, quando tutto il resto sembra solo foschia, dubbio, paura. Lì può esserci qualcosa di bello da fare, per esempio veder crescere la muffa sul formaggio e sperare di trovare la combinazione per far sì che cresca quella giusta, dando così un nuovo scopo a due vite in attesa.
A commuovere non è tanto ciò che spaventa, quanto gli spiragli di pace che arrivano all’improvviso, come il rapporto con le capre, le amicizie che nascono tra umani, e il tempo atmosferico che su tutto veglia e tutto apre. Chissà se qualcuno è in grado di descrivere il cielo e la luce come in Oriente. Trovando ogni particella, ogni filo dorato, ogni travestimento dell’aria. Nell’Atlante delle nuvole di David Mitchell (diventato un film molto famoso diretto dai fratelli Wachowski e Tom Tykwer) c’è Sonmi-451, un clone della classe lavoratrice della nuova Seul del 2144: a un certo punto riesce a scappare, si innamora e si unisce alla resistenza contro il regime. Sonmi capisce, e spiega poi a noi, che le nostre vite non sono nostre: “Da grembo a tomba siamo legati ad altri, passati e presenti, e da ogni crimine e ogni gentilezza generiamo il nostro futuro”. E’ il karma, ed è la vita. E’ la teoria della reincarnazione, ma anche l’idea che tutto ciò che siamo sia sempre in circolo nell’universo. Le vite che vivremo, e chi a quelle vite è legato sui vari piani del tempo e nelle diverse ere: mancarsi di un soffio in una data vita, ritrovarsi molte vite dopo senza sapere perché ci sembra di conoscerci già. Sukegawa a questo segreto ne aggiunge un altro: gli antenati sono nel vento, e oltre ai demoni possono donarci anche i sogni con cui forse ci salveremo.