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il figlio

Un pomeriggio con Mino. Infanzia, fluidi improvvisi e gelati

Giacomo Giossi

Noi esseri umani siamo per gran parte fatti di liquidi, che ci dicono qualcosa anche delle nostre azioni. Le avventure di un bambino sudato all’inverosimile, agitato per la pipì che gli scappa, e con il naso che gli cola

Sì certo, nessun problema, figurati. Sai che ci sono sempre, io. 
Così ho risposto a Isabella, con la certezza di chi, carico di una buona cultura cinematografica, crede di averle già viste tutte nella vita. Ma sì, che sarà mai, tranquilla, ci penso io, starà bene con me. Già come no. Non so capire nemmeno se Mino abbia cinque o dieci anni, ma non sarà certo un problema occuparmene per un pomeriggio. Vedrai sarà una bella avventura, dice Isabella. Non non ne ho dubbi, il tutto sta a capire se intendiamo Jules Verne o Joseph Conrad: “The horror! The horror!”. Mino è molto serio, quando entra in casa resta nascosto tra le gambe di Isabella, ha un piccolo zainetto con dentro “le sue cose” mi dice lei. Mi domando cosa possa stargli in quel piccolo zaino sopra le spallucce spigolose. 

 

Mino indossa una maglietta e dei calzoncini, ha le ginocchia sbucciate e non mi sembra un essere vivente adatto a passare una mezza giornata di sole con un estraneo. Ma del resto, come dicono gli adulti, non ci sono alternative. Gli stringo la mano e Mino sorride. Il sorriso di Mino, ecco un’altra cosa che prima di allora avevo visto solo al cinema. Altro che Jennifer Lawrence o Matilda De Angelis, Mino sorride proprio a me e subito dopo mi chiede: “Che facciamo?”. Resto in silenzio, mentre Isabella come una giovane madre appena liberata dal suo fardello d’amore prende la via di fuga con un veloce e accennato saluto della mano. Se avventura deve essere, allora che sia vera avventura. Usciamo, andiamo al parco, Che ne dici Mino? E lui aumenta di molto il suo precedente sorriso accompagnandolo con un paio di saltelli di eccitazione. Per strada non mi parla, solo ogni tanto avverto il suo capo alzarsi per guardarmi, ma quando lo ricerco si è subito rigirato. Una timidezza che passo dopo passo diviene un gioco tra noi due. Arrivati al parco incrocia subito degli amici e a me non mi resta che buttare un occhio ogni tanto e nulla di più. O almeno così credo. 

 

Già, perché come avverte il bellissimo libro di Berta Páramo, Fluidoteca, tradotto da Maura Romeo (Quinto Quarto Edizioni) noi esseri umani siamo per gran parte fatti di liquidi (anche se non tanto quanto credeva Luigi Di Maio) e quasi ogni nostra azione è figlia di una vera e propria dinamica dei fluidi. Dal sudore alla salivazione, dal sangue alle lacrime, il nostro è un corpo totalmente attraversato e se i flussi hanno un movimento regolare non solo la nostra salute ne guadagna, ma anche il nostro umore quotidiano. Fluidoteca è in effetti un catalogo illustrato (quasi surrealista) del nostro esistere e della nostra felicità che tanto sono determinati dal nostro rapporto con la liquidità e la fluidità. Un libro ironico che aiuta non poco a sfatare tabù e a vedere il nostro corpo come uno spazio di possibilità che vadano ben al di là del nutrirsi, camminare e lavorare a cui per pigrizia e imbarazzo spesso ci abbandoniamo.

 

E mentre penso a tutto questo mi si para così davanti Mino che una grande avventura deve averla davvero vissuta questo pomeriggio: sudato all’inverosimile, agitato per la pipì che gli scappa, e con il naso che gli cola. Insomma con tutti i fluidi fuori controllo. Lui mi dice felice: “Ho mangiato un gelato”. Lo ha preso con Luca, figlio di non so chi che mi saluta da lontano come a dirmi: Tutto sotto controllo, mentre porta via, trascinandolo, una sorta di Pig-Pen che dovrebbe essere Luca. 


Caro Mino, ora non ci resta che tornare a casa per tempo, prima che Isabella veda come ti sei, o forse come ti ho conciato. Via i vestiti, dentro alla vasca da bagno, sotto con il doccino e al suono del campanello eccoti bello, pulito e riposato, pronto per tua mamma. Mentre noi ora ci guardiamo in faccia senza più timidezze, per sempre amici.

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