AP Photo/Michel Euler 

Annie Ernaux e l'apparente dittatura del corpo

Raffaella Silvestri

Dai sogni di emancipazione ai vicoli in cui si praticano gli  aborti clandestini: “L’evento” per la vincitrice del premio Nobel per le Letteratura

"Stupendo. Se soltanto non avessi questa REALTÀ dentro la pancia”, scrive sull’agenda il personaggio di Annie Ernaux a proposito di uno spettacolo teatrale. E’ passata una settimana dalla data in cui sarebbero dovute arrivare le mestruazioni, ma Annie ha già capito, “sapevo che il ciclo non mi sarebbe più venuto”. L’Evento è il racconto del rimpicciolirsi di un mondo, lo stringersi degli orizzonti, il passaggio dai sogni di emancipazione ai vicoli in cui si praticano gli aborti clandestini, e cioè tutti gli aborti, nella Francia del 1963-64. Ma a restringersi, ed è proprio questo a turbare chi legge, è soprattutto il paesaggio mentale di Annie, studentessa universitaria, futura scrittrice. Le lettere, il cinema, la politica, tutti gli elementi di cui fino a quel momento si era potuta nutrire per realizzare sé stessa, per emanciparsi dalla famiglia raccontata in La vergogna, non hanno più posto in quel nuovo stato di terrore, quell’apparente dittatura del corpo.
Riguardo all’assassinio di Kennedy, scrive: “Non era già più qualcosa che mi poteva interessare”. Dal mondo alla pancia. Dalla letteratura al sangue. Assistiamo pagina per pagina al morso di quella che Simone de Beauvoir chiama la schiavitù della specie, e cioè l’impossibilità di trascendere la propria carne e farsi soggetto, perché obbligate al proseguimento della specie. Il professore prediletto, di letteratura francese, le chiede conto della disattenzione, del calo di rendimento. Con lui Annie si confida, cerca aiuto, spinta alla disperazione dall’isolamento – le ragazze non parlano fra loro, negano il corpo – e dalla mancanza di alternative. Ma il professore, oltre a somministrarle una forte dose di ipocrisia, delusione e disprezzo, la dà già per persa. Proprio perché la mente delle donne, anche delle più brillanti, è facilmente sacrificabile sull’altare della riproduzione. O forse la riproduzione obbligata è usata per far fuori le menti: “I figli dell’amore sono i più belli”, dice il terribile dottor N., prima di prescriverle con l’inganno delle punture che dovevano “farle tornare il ciclo” e che invece servono proprio per impedire l’aborto rendendolo più difficoltoso.

 

Ma quella che leggiamo non è davvero una dittatura del corpo, né servitù alla specie. Le donne che sanno procurare un’interruzione di gravidanza sono, si scopre naturalmente dopo, dappertutto nella Francia del 1964: tutti ne conoscono una o almeno sanno di qualcuna che ha abortito. Le donne lo hanno sempre fatto, tramandandosi questa e molte altre pratiche e conoscenze.

 

Quello raccontato nell’Evento è il controllo dei corpi da parte degli uomini. E’ quindi la dittatura degli uomini. Traspare pagina dopo pagina, senza che mai venga detto, senza che si esca mai dal puro resoconto di questo evento, che questa sofferenza, questo dramma, sono terribilmente superflui, facilmente evitabili. La protagonista cerca un aborto, lo sa dalle prime righe; sono gli uomini che sempre si mettono sul suo percorso, nascondendo informazioni, creando ostacoli e prove. Il dottor N., il professore, ma anche il compagno di studi che le indica una ragazza che ha abortito, e fornisce così l’unico indizio in quello che sembra un rebus sadico. Perfino quel ragazzo le fa sprecare settimane, si fa pregare, pretenderebbe di essere pagato attraverso il sesso. La mancanza di informazioni è un elemento fondamentale per il mantenimento dei regimi. Nel contesto in cui è ambientato questo racconto, nessuno sa, nessuno ha un contatto, un nome: né l’uomo che con Annie ha concepito il feto, né i due medici a cui si rivolge, né le amiche della protagonista, che contribuiscono a tenere in piedi questo regime distopico che invece è una realtà storica molto vicina a noi. 

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