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il figlio

Le leggi razziali e la discesa agli inferi dell'infanzia di troppi bambini

Giacomo Giossi

La vicenda dolorosa di Elena Colombo che a dieci anni salì sul treno per Auschwitz, credeva di ritrovare i suoi genitori

Dal 1938 al 1945 le leggi razziali in Italia mettono in atto anche verso i bambini un’azione compatta e disumana di segregazione e persecuzione. Un  intervento che rende i figli testimoni e  protagonisti di una delle pagine più vergognose del Novecento. Bruno Maida ripercorre con il suo saggio del 2013 La Shoah dei bambini (Einaudi) la discesa agli inferi di un’infanzia non semplicemente violata, ma strappata violentemente e in maniera irrecuperabile. Un dolore assoluto che attraverserà la vita (e il corpo) dei sopravvissuti per tutto il resto della loro esistenza. Grazie al lavoro di ricerca di Liliana Picciotto che ne raccontò la vicenda nel volume Il libro della memoria (Mursia) del 2002 e allo spazio che ne ha dato la docu-serie storica Pietre d’inciampo, è stata recuperata la vicenda dolorosa di Elena Colombo: frutto di un lavoro certosino di testimonianze che ne hanno recuperato e definito con cura la storia.

 

Elena Colombo venne arrestata, a causa di una delazione, insieme ai suoi genitori Sandro Colombo e Vanda Foa, a Forno Canavese, proprio la frazione in cui la famiglia aveva cercato rifugio dalle persecuzioni, l’8 dicembre del 1943. Elena Colombo aveva solo dieci anni, verrà separata dai suoi genitori (immediatamente deportati, sullo stesso treno di Liliana Segre) e vivrà i suoi ultimi mesi di vita tra una famiglia amica che la ospita e poi in un istituto di suore per i bambini abbandonati, fino al 25 marzo del 1944 quando verrà portata nel campo di Fossoli per poi essere deportata il 5 aprile ad Auschwitz. Verrà uccisa il giorno stesso del suo arrivo, cinque giorni dopo. La storia di Elena Colombo viene ricordata da un cortometraggio La cartolina di Elena, diretto da Raffaele Androsiglio, scritto e prodotto da  Simona Ercolani. La cartolina di Elena è in programmazione oggi su Rai3 alle 16.05 e su Rai Gulp, alle 16.45, oltre che su Rai Play, è rivolto ai ragazzi e alle famiglie e gioca tra finzione e animazione. Porta  ai nostri giorni la vicenda di Elena Colombo attraverso la curiosità di Cecilia e Fabrizio che ritrovano un vecchio carillon, al cui interno si trova una fotografia che ritrae una bambina sorridente e spensierata. Sul retro della foto il nome Elena, e l’anno, il 1943. Cecilia è sempre più angosciata dal ritrovamento della fotografia, avverte che la bambina è in pericolo e comprende come sia fondamentale, insieme a Fabrizio, provare a salvare Elena da una seconda terribile scomparsa, quella data dall’oblio. La cartolina di Elena lavora efficacemente sulla necessità della memoria quale forma di salvezza, di chi ha vissuto la Shoah, ma anche di chi oggi non può ignorare che cosa è successo allora. La responsabilità della memoria e il suo buon uso spetta a chi è venuto dopo: saper valorizzare queste storie riportandole alla luce vuol dire anche restituire il senso di un tempo che fu spensierato e poi atrocemente negato. Elena, come molti allora, si fidò dei suoi stessi aguzzini: credeva che avrebbe riabbracciato i genitori in Germania, aveva poco più di dieci anni e la sua vita fu distrutta. La cartolina di Elena è il racconto di come oggi sia fondamentale anche e soprattutto per noi  e per chi verrà dopo, trasmettere la vita di chi fu cancellato da quell’orrida barbarie. Una vita fatta di piccole felicità, giocattoli, la prima volta in montagna, pagine di diario e fotografie familiari che parlano a noi direttamente. Documenti che sono  corpi vivi con cui entrare in relazione, ritrovando noi stessi e il senso stesso della nostra vita in nome di un tempo che va evitato ogni giorno e che quindi ogni giorno va ricordato. L’angoscia che attraversa così prima Cecilia e poi Fabrizio diviene la spinta per riportare alla luce la storia semplice di una bambina che visse fidandosi e credendo nella gentilezza e nella bontà del mondo e degli uomini.

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