Il figlio
Tutto quello che so sull'amore, e sui grandi libri che lo curano
Ester Viola e un nuovo libro sulle relazioni, sugli stereotipi e come uscirne. E due grandi protagoniste: Milano, "non esiste shampoo contro questa città", e la letteratura, che come una terapia ci può rieducare
"Ha una fissazione per le famiglie, per l’amore, per tutto quello che ricorda il modello di felicità anni Ottanta, eppure vive nella città meno interessata a cosa fai in coppia, con chi stai e da quando”.
In Voltare pagina, Dieci libri per sopravvivere all’amore (Einaudi) di Ester Viola, l’amore è soprattutto una questione di appartenenza. L’amore per i luoghi lasciati è importante quanto quello per i fidanzati inadeguati, o che ci hanno tradito (il “Grande amore sessualissimo, Gas”). E l’amore per Milano, che a novembre “fa il bianco”, è un sentimento ambiguo in cui però prevale la componente di “Piccolo amore quieto”. Questo tipo di amore più ragionevole, così come la città, sembra essere uno spazio in cui diventare sé stesse, realizzarsi oltre il mito della passione che consuma (a vuoto, perché il consumarsi è sempre vano, suggerisce l’autrice, che ci invita a una disillusione discreta, che non si esibisce nel cinismo).
Il libro è costruito con una struttura che ha qualcosa della canzone epica: ogni capitolo si apre con una frase sentita molte volte (per esempio: “Ho incontrato un narcisista”) e un ritornello, “tesi dell’accusa, tesi della difesa”, che introduce il tema. È poi un personaggio a metterlo in scena, e questi personaggi potrebbero essere fasi della nostra vita, della vita dell’autrice, amici, proiezioni, esempi; storie che comunque vivono all’interno della piccola epica amorosa contemporanea. Il capitolo si conclude, ma potremmo continuare noi, con altre storie: anche le nostre.
All’interno di questa struttura, ogni personaggio – tutti vivaci, reali e così contemporanei che ci sembra di averli almeno incrociati – presenta il suo mal d’amore. Il “coro” risponde con un libro, un libro che contiene la cura: a saperlo leggere, a incontrarlo nel momento giusto. Alle frasi perentorie che sono una cifra dell’autrice (“se non hai dimenticato un amore forse non sai cos’è la libertà”) si accompagnano riletture di libri molto noti, da Alta fedeltà di Nick Hornby a Felici i felici di Yasmina Reza, che danno respiro al racconto e a volte procurano qualche insight analitico, quel “ah, sì, è proprio così” che rende la scrittura larga e viva, oltre che molto sottolineabile. Come un Modern love letterario. La letteratura (la lettura) è terapia e analisi, se riusciamo a capire come, se riusciamo a rieducarci. E in questo senso il libro è anche la storia di una liberazione femminile da idee romantiche stracotte e preconcetti rosa, una visione che l’autrice porta avanti anche su altri media (e nella vita reale, essendo avvocato anche divorzista).
Ci sono delle ricorrenze testuali (“una che non avrebbe mai…”) che accentuano la dimensione del cantare omerico o epico, e ci sono delle costanti tematiche. Nessun personaggio è originario di Milano, è qui che l’appartenenza – familiare, di luogo – emerge come il tema portante del libro insieme all’amore. Tutte le storie toccano il tema dell’origine e della famiglia e vita che ti crei, come scegli di creartela, con che aspettative e bagaglio. E anche questa rete di relazioni, tutte le amiche vecchie e nuove, questo surplus di empatia per la collega, la cliente, l’impiegato di cancelleria, disegnano la mappa della famiglia della narratrice, che è ben più ricca e variegata di quella del Mulino Bianco che ci hanno fatto mandare giù insieme ai biscotti mentre crescevamo. Milano, nella vita che ti crei, ha un grande ruolo. “Non esiste shampoo contro questa città”.
La realtà magari non ha i capelli brillanti di una vita solo immaginata appresso a un amore impossibile, però riserva delle soddisfazioni reali, se sai vederle. Non a caso il libro si conclude con un paragrafo sull’andare o restare, che è uno dei grandi temi dei nostri tempi, non solo in amore.