Il Figlio
L'irresistibile tentazione di rispondere con: ai miei tempi
Generazioni a confronto: “Non è che vogliamo escludervi, ma questi non sono i vostri tempi: fatevi una vita”
Sapevo che sarebbe arrivato quel giorno, quindi mi ero preparata e non vedevo l’ora. Mia figlia si sarebbe lamentata dei suoi tempi e io non le avrei dato nemmeno un secondo per tirare il fiato e finire la frase, perché l’avrei travolta con l’assalto dei miei tempi. Anche se quando mia madre mi diceva che ai suoi tempi non avrebbe mai nemmeno immaginato di rispondere a sua madre come io rispondevo a lei, il mio pensiero più vivo, sincero e immediato era: aspetta che ti mostro la vastità del mio disinteresse assoluto e grandioso per i tuoi tempi preistorici.
Ma i miei tempi invece, ah i miei tempi, quelli sì che erano tempi degni di nota. Tempi che valeva la pena rievocare, raccontare, imporre come unità di misura. Tempi moderni, in fondo, tempi vicini (assurdo, considerando che per età sono più vicina a mia madre di mia figlia, ma insomma, non è che sono una matematica di professione). I tempi del Rocci, ovviamente, il vocabolario di Greco che mi ha fatto diventare miope e dell’orgoglio con cui indossavo i tremendi occhialini tondi dorati che mi davano un’aria antipaticissima. I tempi della soggezione, i tempi dei libri letti in una notte. I tempi del coprifuoco alle otto di sera che significa alle sette e cinquantacinque perché arrivare a casa non in anticipo significava arrivare a casa in ritardo. Come sarebbe stato appassionante quel racconto per mia figlia sedicenne, come le avrebbe fatto sicuramente cambiare idea su di sé, sull’adolescenza, sul mondo intero. Mi avrebbe guardato con amore e detto: ora capisco, mamma, e ti ringrazio, non mi lamenterò mai più dei miei tempi. E sarebbe corsa ad apparecchiare la tavola di sua iniziativa, senza bisogno di mandarle diciotto messaggi audio mai ascoltati, quattro chiamate perse, otto squilli di tromba, il promemoria di Alexa e così via. Insomma, che cosa intelligente parlare dei miei tempi per opporli ai suoi, ai loro, che utile condivisione di esperienza e di memoria, no?
Poi mia figlia ha fatto un tema in francese, un tema sul disagio degli adolescenti, le cause, con il consiglio personale alla fine. Questi temi (lo dico per chi vive su Marte) si fanno con il traduttore, non con il vocabolario, e io stavo già per dire: eh però, invece ai miei tempi. Per fortuna qualcosa, forse la mia coscienza, mi ha fatto tossire prima di pronunciare la frase. Così almeno non ho detto scemenze prima di leggere il tema, che diceva, più o meno ma esattamente, questo: e poi gli adulti dovrebbero smettere di parlare dei loro tempi, perché non è questo che si fa quando si ascolta. Non è che vogliamo escluderli, ma non sono questi i loro tempi, sono i nostri, e nei nostri tempi i problemi sono diversi dai loro. Loro si preoccupano tanto per noi, ma poi parlano solo dei loro tempi e non capiscono che non c’entra niente. E parlano di TikTok e non sanno nemmeno che cos’è. E sono tanto preoccupati ma cercano sempre di dare la colpa a qualcosa di esterno che non li riguarda. E a scuola, invece di farci sentire all’altezza ci fanno sentire cretini.
Ho avuto la tentazione di dire: anche ai miei tempi mi facevano sentire cretina, guarda che è normale. Ma poi mi sono sentita cretina, e non ho detto niente. Ho detto: è un bel tema, però manca il consiglio finale personale. Che cosa dovrebbero fare questi adulti, poveracci? Non io eh amore, chiedo per una mia amica che ha questo problema con la figlia. Lei ha risposto: fatevi una vita.