Il Figlio
L'annientamento nell'eroina e la fine di un padre. L'esordio
Un racconto dolente, ma anche indagine su un padre, sul suo tempo e su uno stato che fece di tutto, meno che proteggere una generazione di giovani donne e uomini che si permisero di metterlo in discussione. "Sei tu il figlio" è il romanzo di debutto di Emanuele Galesi
Tra i rimossi che costellano la storia nazionale, quello che vide l’annientamento di una generazione inquieta come quella del Settantasette per mano dell’eroina è forse il più eclatante. Si parla spesso di consumo di droghe e spesso con atteggiamenti parimenti estremi, utili solo a lasciar cadere il discorso o a isolarlo. Come se ciò riguardasse esclusivamente una piccola parte della popolazione. I drogati come razza a sé. E così tocca ai figli tirare le somme, buttare lo sguardo oltre le macerie e provare a raccontare cosa successe in quegli anni.
Emanuele Galesi racconta con il suo romanzo d’esordio, Sei tu il figlio (Piemme) il corpo di un padre ferito dall’eroina e con lui coglie il corpo espanso di un luogo come la pianura padana, capace di rara durezza e severità e di non poca abitudine alla solitudine. Bresciano, già autore con Filippo Minelli dell’imprescindibile Atlante dei classici padani, Galesi conosce bene, avendole indagate, le dinamiche di un luogo enormemente urbanizzato eppure al tempo stesso disabitato. I corpi della pianura padana sembrano infatti vivere in una perenne sospensione, immersi in un non luogo – però naturale –, forgiato dal secondo dopoguerra in poi da un preteso utilitarismo economico e da una sempre più presunta efficienza. In questo luogo d’origine eppure al tempo stesso estraneo, Galesi racconta di un padre nei suoi ultimi giorni di vita. Racconto dolente, ma anche indagine su un padre, sul suo tempo e su uno Stato che fece di tutto meno che proteggere una generazione di giovani donne e uomini che si permisero di metterlo in discussione.
Sei tu il figlio è una chiara dichiarazione di ruoli, uno scambio dentro al quale tocca al figlio assumersi la responsabilità di un padre perso già da anni, ma forse proprio all’ultimo recuperabile. Il dialogo è fatto di poche parole pesantissime, commoventi. Il fallimento del padre ha la forma di una lunga agonia, iniziata anni prima, quando ancora tutto pareva possibile, anche quel balzo della tigre che si rivelò poi uno schianto. Il corpo del padre – ricoverato in ospedale in condizioni prive di speranza – viene assistito con razionale efficienza dai medici, senza reale accudimento. Il corpo è come vivisezionato in ogni sua parte, e ogni sua parte, giorno dopo giorno perde sempre più la propria funzionalità. La cura assume la forma inquietante di una morte a venire, di un feroce regolamento di conti dopo anni di trascuratezza. Il figlio non può fuggire anche se potrebbe essere l’unica sua via d’uscita. In realtà abbandonare adesso il padre non sarebbe altro che per l’ennesima volta essere abbandonato. Il corpo del padre è il corpo del figlio. Come Enea con Anchise, Emanuele trova il modo di portare in salvo il padre portando in salvo se stesso. L’idea è quella di un’indagine, forse di un documentario, risalire la corrente del dolore. Partire da dove tutto è iniziato: gli anni mai raccontati dal padre quando le strade della protesta furono inondate, all’inizio degli anni Settanta, dall’eroina. In particolare quella che viene definita Operazione Blue Moon, un’azione della strategia della tensione che avrebbe favorito tramite agenti sotto copertura proprio la diffusione dell’eroina. Un modo per ottenere la pace sociale, ma ad un prezzo altissimo. Un costo in termini di vite umane ancora oggi difficile da quantificare. Sei tu il figlio offre così un equilibrio delicato eppure saldo tra narrazione storica e racconto intimo, evitando accuratamente che la commozione scivoli nel patetico e il racconto del contesto nella cronaca. Un libro letterariamente solido e capace di raccontare la durezza e la violenza di quegli anni attraverso il corpo di chi li ha vissuti. In questo caso quello di un padre in abbandono, riscoperto e salvato, oltre la morte, da un figlio coraggioso.