Il Figlio
Il genius loci della villa è il fantasma della donna amata. Distopia milanese
Claudia Petrucci esplora le vie misteriose che collegano i figli ai propri genitori. Ogni cerchio arriva al suo punto culminante, alla sua perfezione: non c’è morte che non porti con sé una nuova nascita, non c’è amore infelice che non conduca prima o poi a un altro amore così
Siamo a Milano nel 1986 e quarantatré anni dopo, in una storia fatta di due linee convergenti: un cerchio perfetto. Nel 1986 conosciamo Dario, giovane architetto sposato, e la sua amante Lidia, una ragazza che presto sposerà un altro. Dario è incaricato di ristrutturare la villa nel centro di Milano dove la giovane, erede di una fortuna, andrà a vivere con il suo futuro marito. Poiché la ama, mette il suo amore anche nella casa, rendendola speciale: quello che visto da fuori sembra un edificio normale e quadrato, dentro è rotondo, e tutte le misure sono un qualche multiplo dell’altezza di lei. Poi Lidia cade dalle scale e muore: questa storia inizia così. Nell’altra, quarantatré anni dopo, Irene Sartori ha quarantadue anni ed è una curatrice fallimentare. Un lavoro interessante, reso possibile dal fatto che il mondo sta soccombendo ai cambiamenti climatici. In città come Roma, in paesi come l’Italia, il suo mestiere fa parte di un nuovo segmento del settore immobiliare: le antiche dimore nobiliari o i palazzi un tempo tutelati dal Fai vengono venduti ai miliardari stranieri, e Irene è una delle professioniste più brave. Nella capitale il sole splende senza sosta e le temperature sono troppo alte per consentire di stare all’aperto per più di qualche minuto di fila, mentre Milano è coperta da una nebbia fitta e gialla, e ci si sposta muniti di torce taglia-foschia. Un giorno un avvocato chiama la dottoressa Sartori e le chiede di occuparsi della vendita della villa che noi conosciamo fin dal 1986. Sembra solo una coincidenza, ma già sappiamo che nessuna coincidenza lo è. In questo romanzo sorprendente ed elegante, appena uscito per Sellerio, Claudia Petrucci esplora le vie misteriose che collegano i figli ai propri genitori, anche quando né gli uni né gli altri sono consapevoli del legame che si dipana nello spazio e nel tempo tenendoli uniti – e a volte lo fa a discapito della loro felicità. Come dice il titolo, ogni cerchio arriva al suo punto culminante, alla sua perfezione: non c’è morte che non porti con sé una nuova nascita, non c’è amore infelice che non conduca prima o poi a un altro amore così. Petrucci, che vive e lavora in Australia e ha debuttato nel 2020 con L’esercizio (uscito per La Nave di Teseo e vincitore del prestigioso premio Flaiano giovani) è stata capace in questo secondo romanzo di costruire una storia (anzi: due dentro una) intricata e intrigante al pari di una spirale, e in cui ogni cosa — lo vedremo poi — ha un senso. Non c’è elemento che non torni e non ci spieghi il motivo del suo apparire, come nei migliori gialli. Qui però non abbiamo a che fare con un giallo: forse è più giusto definirla una storia di fantasmi. Altrimenti che cosa ci farebbe la Lidia del 1986 nella casa del futuro, quella che Irene deve vendere? Ha forse vissuto lì da morta per più di quarant’anni? Nel suo commento all’Eneide, il grammatico del quarto secolo Servio Mauro Onorato scrisse che “nullus locus sine Genio” (nessun luogo è senza Genio, ovvero privo di spirito), spiegando così in una riga il gigantesco concetto di genius loci che l’architettura moderna ha preso in prestito dal paganesimo. E’ più del carattere di un posto: il Genio è lo Spirito, vivo, che lo abita. Nonché ciò che ci consente (o no) di diventarne parte, e che quando siamo lì veglia su di noi. Anzi, in questo caso: che veglia su Irene. E a proposito di Irene, vi siete chiesti chi è, com’è arrivata lì? Impossibile non farsi domande leggendo Petrucci, ma lei è brava a sorprendere con le risposte che dà. Il cerchio perfetto è già pronto per diventare un film di Luca Guadagnino, ed è il libro che potreste voler portare in vacanza nelle prossime settimane per ricordarvi che i cambiamenti climatici esistono (mi raccomando: la protezione solare), ma che scegliere l’infelicità preferendola all’amore può avere conseguenze altrettanto devastanti. Eppure tanta gente lo fa. La cosa importante è non essere tra loro.