il figlio
Il sogno di Davide e gli specchi di Napoli. Il destino dei colpi di vento
Da Tora e Piccilli alla grande città, varcando la soglia e immaginando un altro futuro. La svolta dopo un'infanzia crudele. Il ladro di quaderni, il nuovo libro di Gianni Solla
Si dice che nelle parole sia contenuta la verità oppure il contrario. A pensarlo sono gli anziani del piccolo paese campano di Tora e Piccilli, dov’è ambientata la storia. Ecco perché il protagonista, Davide Buonasorte, dalla fortuna che si porta nel nome potrebbe essere benedetto oppure maledetto. Da che parte penderà quella sorte, quando le stelle da cui dovresti essere guidato le vedi non dai monti, non dal mare, ma dal recinto dei maiali?
Siamo nel 1942, e Davide è il figlio maschio “di Tommaso Raffaele Fortunato Buonasorte detto Furtunà, analfabeta, debole di polmoni, cercatore di funghi, proprietario di quindici maiali e iscritto al partito fascista nella sede di Caserta”. Vive un’infanzia crudele: ha una sorella dalla salute fragile e perciò — sebbene sia zoppo — ad aiutare c’è solo lui; non può perdere tempo con le lettere e i numeri: deve imparare un mestiere. L’unica persona che gli vuole bene è Teresa, la bambina ricca del paese. In segreto si vedono, sono amici, e lei prova a insegnargli a leggere. La vera svolta, però, si presenta inaspettata quando a Tora e Piccilli arrivano trentasei ebrei, spediti al confino da Napoli. Tra loro c’è un maestro di scuola insieme al figlio, Nicolas. Un bambino uguale a Davide e allo stesso tempo diverso in tutto.
Perché questo fanno gli specchi: ci svelano a noi stessi anche grazie ai riflessi che siamo convinti non ci somiglino affatto. I veri specchi, come ogni soglia, prendono e capovolgono, permettendoci di vedere i nostri lati in ombra, o quelli che non pensavamo di possedere. Esiste in effetti un concetto più potente di quello di anima gemella, ed è l’idea che alcuni di noi possano avere (non tutti ce l’hanno, anzi: è molto raro) una fiamma gemella, ovvero un altro pezzo della nostra stessa anima, incarnato però in un’altra persona. Per chi ha la fortuna, o la sfortuna (sempre lì siamo: in mano alla sorte), di essere capitato in un corpo che condivide un’unica anima con un altro, dal momento in cui ci si incontra, se ci si incontra, tutto cambia. Che piega avrebbe preso il destino di Davide se Nicolas non ci fosse stato? Ma Nicolas c’è.
Sono le premesse di Il ladro di quaderni, il nuovo libro di Gianni Solla, appena uscito per Einaudi. Nel suo precedente, Tempesta madre, Solla indagava i doni e le cicatrici lasciati a un figlio da una madre dolce e un po’ matta. Era, come questo, un romanzo di formazione al contrario, nel senso che in entrambi c’è un protagonista che diventa l’adulto che vuole nonostante condizioni di partenza che non lasciano ben sperare. Salvarsi non è un’impresa che riesce a tutti, ma i bambini genitori di sé stessi spesso hanno il dono di sapere come fare. E se in Tempesta madre c’era una casa dove regnavano follia e infelicità, ma anche molta allegria, qui a Tora e Piccilli i presupposti per avere scampo non ci sarebbero, in teoria. C’è tuttavia un’altra cosa da sapere sulle soglie (o gli specchi), ed è che a volte si fanno trovare quando gira il vento, ma a volte sono loro a portarlo. Da qui arriva anche la piccola scuola clandestina gestita dal padre di Nicolas, e l’amicizia che benedice l’estate di Davide, Nicolas e Teresa. Grazie a queste cose e al passaggio che ha varcato, Davide comincia a sognare di andarsene e poi lo fa veramente, appena più grande. Ad aspettarlo oltre lo specchio c’è Napoli, la città insolente e misteriosa di cui Nicolas gli ha svelato l’esistenza, “che suggeriva strade strettissime: vico Lammatari, vico Paradisiello, vico Purgatorio ad arco, vico Tutti i Santi. Quelle parole evocavano mondi sotterranei e salite fino al paradiso”.
Un posto dove anche un bambino che sembrava destinato a fare il guardiano di maiali potrà sognarsi re e pure diventarlo.