Il figlio
Il momento di un mattino di settembre: caffè in una casa vuota
La scia degli oggetti e delle banane schiacciate, dentro cui so riconoscere il malumore
Il momento perfetto è la mattina di un giorno feriale di fine settembre. Quando non fa più così caldo, anzi a volte piove, e a volte serve una felpa lunga fino al ginocchio per alzarsi dal letto con il senso di una protezione dal mondo. Quando i gatti non sono più depressi dall’estate e dalle vacanze ma felici di strusciarsi sulle gambe e di saltare sul tavolo in cerca di qualcosa che assomigli a una colazione premio. Quando il cane è tranquillo perché qualcuno l’ha già portato fuori, e quel qualcuno non ero io. Quando il cane, oltre a essere tranquillo, non chiede da mangiare e quindi non mi costringe a mescolare roba puzzolente in una ciotola mentre voglio trattenere il profumo di caffè ancora per qualche minuto.
Il momento perfetto è quando, soprattutto, sono le otto del mattino e i figli sono già usciti, sbattendo anche le porte che non sapevo di avere in casa, per andare a scuola o ovunque fingano di andare la mattina (in realtà, da quando esiste il registro elettronico, non c’è possibilità di scampo alla campanella). Sono usciti, hanno lasciato dietro di loro una scia di oggetti, vestiti, calze spaiate, mutande, latte rovesciato, forbici, spazzole, gel per capelli, pezzi di carta, gomme per cancellare, merendine schiacciate, biscotti sbriciolati, coltellini svizzeri, sigarette rotte, ombrelli, matite senza punta, casse bluetooth portatili e rotte. Mai nessun giornale, mai nessun libro. A volte una banana schiacciata.
Dentro questa scia io sono in grado di riconoscere i segnali del buonumore e del cattivo umore. I biscotti sbriciolati sono segno di buonumore e colazione abbondante. Anche le spazzole significano qualcosa di buono, ma molti vestiti per terra sono la prova di una grande incertezza nell’outfit e quindi di possibile anzi probabile conseguente crisi di nervi. In ogni caso, il disordine va bene, significa che è tutto a posto. Se mia figlia mi impedisce di entrare in camera sua, se chiude la porta a chiave prima di andare a scuola, se mi giura che a Natale libererà la scrivania, io sono tranquilla: sono l’ordine e il silenzio a spaventarmi.
Se non hai fatto colazione, se non hai lasciato tracce, se non hai pensato che forse piove prima di dimenticarti a casa l’ombrello, se non hai usato le forbici per tagliare un pezzo di frangia, se non c’è nel water un pezzo di frangia che galleggia, allora c’è qualcosa che non va. Se non hai urlato contro tuo fratello prima di uscire, se non hai detto ai gatti che devono farsi una vita e lasciarti in pace, mi sentirò inquieta per tutto il giorno e non riuscirò a godermi questo perfetto momento di solitudine e di casa vuota a settembre. La casa vuota a settembre è diversa dalla casa vuota a febbraio. Perché fino a pochi giorni fa la casa la mattina era pienissima, anche se dormiente. Non potevo telefonare, non potevo cantare, non potevo guardare i video su Instagram, non potevo ascoltare i podcast senza auricolari, non potevo parlare con Alexa o con i gatti. Perché i dormienti mi accusavano di urlare apposta per svegliarli, e mi accusavano di escogitare stratagemmi (la rassegna stampa a volume alto) per fargli sentire che il mattino ha l’oro in bocca. Per loro, il mattino è un affronto. Anche portare il caffè a letto era un affronto. Adesso, invece, l’affronto non dipende da me. So che in realtà pensano che sia colpa mia anche l’inizio della scuola, lo vedo dagli sguardi offesi che mi lanciano in cucina. Ma non importa, stanno per uscire di corsa. E qualcosa di buono succederà anche oggi, lontano da me.