Il figlio
L'adolescente e il bambino che in bagno chiedeva “mamma, lo vuoi un cappuccino?”
Tutto scorre maledetto Eraclito. Ma quel bambino, che adesso ha lasciato il posto a un ragazzo dalla voce profonda e dalla fame enorme, a volte ritorna senza preavviso
Ero in auto e questo giovane uomo ha aperto la portiera ed è salito, si è messo comodo dietro, quasi sdraiato. Sembrava a suo agio, con le cuffiette nelle orecchie, il berretto in testa, l’accenno di baffo sul labbro superiore. L’ho guardato dallo specchietto retrovisore e ho pensato: non so chi sia. Ha qualcosa di familiare, ma non lo riconosco. Sono certa di averlo già visto, ma dove? Chiaramente non può essere quel bambino che ho partorito, quello che mi voleva sposare e saltellava quanto tornavo a casa la sera. Il bambino è sparito e ha lasciato il posto a questo adolescente dalla voce profonda e dalla fame enorme che sottolinea tutte le mie incongruenze e chiede sempre cibo, tanto cibo.
Lo so, tutto scorre, maledetto Eraclito, ma quel bambino a volte ritorna. Quando lascia le spade laser infilate nel divano, quando pretende di addobbare l’albero di Natale anche dietro o si infila nel mio letto perché ha fatto un brutto sogno. Torna senza preavviso. Io non ero pronta a sprofondare in questo racconto di Stevenson, con questa specie di dottor Jekyll e Mr. Hyde che alterna tenerezza infantile e spocchia adolescenziale. È un campo minato. Appena ti rilassi un attimo il ragazzino spietato che ti considera un accollo ti guarda con insofferenza evidente. Sono inadeguata, fonte di imbarazzo, un meme continuo. E poi all’improvviso sono indispensabile, bravissima, essenziale, preziosa. Soprattutto quando è ora di pranzo. Talvolta anche per merenda. Più raramente per confidarsi. “C’è stato un quasi bacio”. In uno di questi rari momenti mi ha detto che con una compagna di classe “c’è stato un quasi bacio”. Io non ero pronta, ma ho finto di esserlo. Con circospezione e delicatezza ho cercato di indagare di più, conscia che Mr. Hyde è sempre dietro l’angolo ed è un attimo che arrivi un appayaye (se non sapete cos’è consideratevi fortunati). Ho chiesto come è capitato sto bacio, chi è lei, cosa è successo, devo comprare subito dei preservativi? Sulla delicatezza e la circospezione ci devo lavorare, lo ammetto. “Abbiamo bevuto dalla stessa bottiglietta, le mie labbra sono state dove c’erano le sue”. Ecco, con la sessualità per fortuna mi pare che siamo ancora lontani.
Anche se il corpo è oramai quello di un giovane uomo, così diverso da quando gli facevo il bagnetto nella vasca e lui giocava con i tappi di bagnoschiuma. “Vuoi un cappuccino mamma?” diceva e mi passava un tappo pieno di schiuma, io fingevo di berlo deliziata e lui rideva soddisfatto muovendo quei piccoli piedini nell’acqua. Questo gioco andava avanti un tempo che a me allora pareva infinito, un po’ per il caldo e un po’ perché fingevo di divertirmi, ma avevo mille cose da fare ed ero insofferente.
E quindi quando ho letto che ora il governo vuole risparmiare sui migranti e per farlo ha deciso di considerare i sedicenni “quasi maggiorenni” e metterli nei centri di accoglienza degli adulti ho pensato due anni ai 18, che sarà mai. In effetti questi ragazzini che ci troviamo in casa sono già uomini. In fondo pure mio figlio ha il baffo, le scarpe che occupano da sole l’intera scarpiera, la voce profonda, tutti questi peli all’improvviso, è adulto, non è più un bambino.
Poi però l’altro giorno faceva il bagno e io sono entrata nella stanza per prendere qualcosa. Stava immerso nella schiuma, nel chilling come dice lui, con la musica a palla, ignaro del tempo, dello spazio e soprattutto del rumore assordante. Ho preso quello che dovevo prendere di fretta per non fare l’accollo, ma soprattutto, lo ammetto, per sfuggire alla musica infernale. Ma poi, quando stavo per uscire, sento quella voce, bassa, da uomo fatto, da uno che può stare nei centri con gli adulti, da gente seria e scafata, e quella voce dice ridendo “mamma, lo vuoi un cappuccino?”.