Il Figlio
Marilù Oliva riscrive il mito dal punto di vista femminile. L'altra Storia
"L’Iliade cantata dalle dee" riscrive il passato dal punto di vista delle donne, sempre subalterne al servizio degli uomini di cui erano mogli, madri, sorelle, figlie
A volte penso che l’intera storia andrebbe riscritta declinandola al femminile, tante sono le donne che non hanno avuto spazio, sempre subalterne, al servizio degli uomini di cui erano mogli, madri, sorelle. Ed è proprio alle sorelle ribelli di ogni epoca che Marilù Oliva dedica il suo ultimo lavoro, L’Iliade cantata dalle dee, dopo l’operazione analoga dell’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre e anch’essa edita da Solferino.
La frase in esergo recita una strofa del brano musicale Sweet dreams, intesi come desideri, ricordandoci che tutti e tutte siamo sempre alla cerca di qualcosa. “Un testo che ricorda molto lo spirito dell’Iliade, un evento in cui la guerra si fece beffe di ogni legge morale e dove l’obiettivo finale, l’espugnazione di Troia, divenne un’illusione”, scrive l’autrice. Forse Agamennone, il capo della spedizione, pensava di saccheggiarla velocemente, invece dovette restarvi per dieci lunghi anni. Nel poema originale non ci sono donne che agiscono attivamente, fatta eccezione per le dee, che a ogni modo restano sottomesse alla volontà di Zeus e, le poche volte che gli si ribellano, rischiano grosso. Così ho pensato di cercarle, di scovare i loro sogni e di rivelare ciò che - in linea immaginaria - magari è stato taciuto”, aggiunge. Non solo la Storia, quella fatta di eventi accaduti, ma anche il mito, la leggenda, le tante vicende che continuiamo a raccontarci condizionano i comportamenti e i soprusi che si protraggono fino a oggi. Ecco allora che si può interrogare il mito, formulando la celebre invocazione: “Cantami, o diva”, invitando le dee a raccontare ciò che accadde davvero, dissidenti e incuranti del rischio, come pure stanche di stare nell’angusto posto riservato a loro.
Perché le donne la storia non l’hanno fatta né l’hanno scritta, o almeno è questo che ci hanno insegnato a credere, ma adesso Atena, Afrodite, Teti, Creusa, Era, Eris, Elena e Cassandra ce ne offrono una versione inedita.
Ripercorrendo la successione dei ventiquattro canti dell’Iliade, delle donne Omero non svela quasi nulla, il motore di ogni episodio, di ogni gesta, è l’ira dei protagonisti maschili, piccoli uomini rabbiosi in balia delle loro pulsioni e dei loro desideri. Nel testo “i re micenei si arrabbiano, dunque, agiscono, decidono i destini altrui. Dalla loro rabbia conseguono morte e dolori. E le donne? Ancora una volta si assomigliano tutte, mogli devote il più delle volte inascoltate”.
Questo scritto è parte di una mobilitazione letteraria avviata da Giulia Caminito e Annalisa Camilli che hanno chiamato a raccolta numerose scrittrici e giornaliste per una riflessione corale sui temi della violenza, del pregiudizio e della sopraffazione delle donne. Perché siamo stanche di assistere passive a una carneficina di violenza e abusi - la cosiddetta punta dell’iceberg - ma non dobbiamo dimenticare che violenze e abusi affondano le loro radici proprio lì, in quello che ci raccontiamo e sempre ci siamo raccontati, nei poemi come sulle pagine dei giornali, su quello che le donne possono essere e devono essere, pena la morte. Sembra strano detto in questo modo ma è proprio quello che ogni giorno continua ad accadere, e che ognuna di noi ha provato sulla propria pelle, con un abuso o un diritto negato, una frase offensiva, delle mani al collo.
Se la storia venisse riscritta dalle donne sarebbe una storia diversa, probabilmente, tante guerre non ci sarebbero né ci sarebbero state. E’ giusto che ognuno e ognuna faccia quello che è in suo potere innanzitutto perché di questa tremenda omissione si prenda coscienza. Perché si sappia che un’altra versione della storia era possibile e non c’è stata. E per far sì che possa esserci in futuro.