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il figlio

La ragazza sul divano è mia figlia, anzi ero io. Anzi siamo noi 

Annalena Benini

Diverse, arrabbiate, diffidenti, non più ragazze: il cammino è lo stesso ed è nostro

La ragazza sul divano è mia figlia. Sarebbe il testo teatrale di Jon Fosse, ma è mia figlia. Anzi, sono io. Cioè scusate: ero io, in un tempo lontano che a me sembra oggi. La ragazza sul divano che ero io ha guardato sul divano tutta la serie “One day” (su Netflix) e non gliene è importato niente del valore narrativo, ma solo di quello sentimentale, e ha sperato assurdamente che il finale cambiasse, e ha deciso di non piangere ma poi ha cambiato idea e dal divano si è spostata a letto piangendo. 

Stare sul divano e pensare di avere vent’anni mentre si guarda chi ha davvero vent’anni e sta pensando: quanto è tardi, ho già vent’anni. La vera ragazza sul divano, mia figlia, al divano preferisce una specie di poltrona girevole arancione tutta rotta dalle unghie dei gatti sulla quale mangia, beve, fuma, vede tutti i film e le serie esistenti (“non le tue, mamma, scusa non offenderti ma io vedo altre cose”, “ma ti va se questa ce la vediamo insieme sul divano?”, “ehm, no”), le gambe sul tavolo, la vita in braccio, a volte qualche cane o gatto che vuole partecipare alla festa. La ragazza sul divano o sulla poltrona arancione sa tutto del mondo e delle sue ingiustizie, la ragazza sul divano che ero io sapeva pochissimo del mondo e sentiva le ingiustizie del mondo solo su di sé. 


Crescendo, ho capito almeno una cosa: sarebbe una enorme ingiustizia non essere una ragazza sul divano solo perché non si può essere più usare la parola ragazza. Perché non si può più usare la parola ragazza? Chi l’ha deciso? Certo che si può usare. Dove c’è un divano c’è anche una ragazza, e con questo ho messo fine ad almeno una delle ingiustizie del mondo. Le ragazze sul divano hanno vite molto differenti, responsabilità diverse, tormenti che non sempre condividono le une con le altre, idee diversissime su quasi tutto, sono perfettamente in grado di litigare furiosamente fra loro, di dirsi: a mai più, e poi di amarsi follemente e per sempre. Di allungartiil pigiama scaldato sul termosifone e di dirti: non preoccuparti, vai a dormire, sul divano ci sto io. 


Ci sono alcune ragazze sul divano che giurano di non voler mai dividere il divano con quell’altra ragazza, ci sono ragazze con capelli a forma di nuvola bianca e ragazzine dai capelli rossi, ragazze con il filo di perle e ragazze con lo zaino sulle spalle, ragazze che non si fidano più delle ragazze, e ragazze che si salvano la vita a vicenda ogni giorno. Ci sono ragazze che per tutto il giorno sognano il divano della sera, e ragazze che invece vorrebbero alzarsi dal divano e non ce la fanno. La ragazza di Jon Fosse continua a ripetere che potrebbe anche uscire, andare a fare un giro in città, ma non lo fa mai. Sua sorella invece esce sempre, torna tardi, e lei resta sola sul divano a ripensare a tutto e a parlare con la ragazza grande che è diventata, perché il tempo passa anche sul divano.   


In tutto questo brillare e discutere e darsi il tormento, gestire l’assenza e tendersi la mano, in questo dirsi  dopo un minuto cose indicibili, frivole e abissali, segretissime e generose, c’è la condivisione di un mondo spalancato sull’intimità,  qualcosa che ci accomuna tutte e ci riguarda sempre: per quanto diverse, il cammino è lo stesso. Sul divano e per tutte le strade del mondo. Così quando mia figlia finalmente accetterà di sedersi sul divano con me a guardare qualcosa di “orrendo”, sarò la sua ragazza sul divano, sarà la mia ragazza sul divano. 

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.