il figlio
Caro figlio nell'età di mezzo, mi stai molto simpatico lo stesso
Il vocione, le lacrime, tre piatti di spaghetti senza avere fame, le capriole e i balletti
Caro figlio adolescente,
questa è una lettera per quando ti svegli, la lascio accanto al caffelatte, ai biscotti e all’Iliade di Baricco che mi hai detto che se non te la procuravo all’istante ti avrebbero bocciato e sarebbe stata tutta colpa mia. Te l’ho procurata, te l’ho detto, mi hai scritto: grazie ma come la riconosco? E’ un libro, amore, ha la forma di un libro e non di un controller, è di carta e sopra c’è scritto: Omero, Iliade. Devi solo prenderlo in mano e metterlo nello zaino insieme alla merenda. No, scusa, la merenda non la fai perché solo quelli piccoli portano a scuola la merenda. Quelli grandi si tengono i crampi per la fame, si sdraiano sul banco, e poi appena escono da scuola comprano mezzo metro di pizza. Quelli più grandi ancora, invece, fumano e basta e non hanno mai fame, tranne che alle cinque del pomeriggio e a mezzanotte e mezza. A mezzanotte e mezza aprono il frigo e finiscono il latte e i biscotti e il frigorifero intero e così la mattina dopo succede uno psicodramma. Ma tu sei ancora una via di mezzo e io ti amo per questo. Sei una via di mezzo quindi fai il vocione ma poi piangi se matematica è andata male e se il cane zoppica. Sei una via di mezzo quindi non vuoi più nessun bacio ma poi ti dimentichi che non vuoi nessun bacio e mi strangoli per abbracciarmi. Mi dici: mamma te l’ho detto che non devi mai baciarmi, ma poi mi passi accanto con la guancia già pronta, girata verso la mia bocca. Sei una via di mezzo quindi molto di malumore per diciotto minuti e molto di buonumore per le successive diciotto ore. Non hai voglia di stare seduto a tavola perché hai troppa urgenza di fare un balletto, baciare un gatto, rispondere al telefono, uccidere l’aria con una spada di legno, provarti quei jeans nuovi che ti fanno sembrare più alto e più cattivo. Metterti un cappello e con quel cappello fare un altro spettacolo insieme ad Alexa che ti ubbidisce sempre. Dopo un minuto sparisci, allora vengo a cercarti e sei a letto addormentato vestito, abbracciato a un pupazzo a forma di mummia egizia.
Hai quella capacità di addormentarti di schianto, poi di svegliarti e contemporaneamente alzarti in piedi di scatto e sorridere che io non avrò mai e vorrei tanto avere, quando fai la doccia allaghi il bagno in modi sempre nuovi e apocalittici che suscitano il mio spavento e la mia ammirazione, quando ci sono i tuoi amici a casa sento la forza di questa via di mezzo che ride di tutto e si diverte con tutto, con il solo fatto di stare al mondo e stare insieme.
La via di mezzo tra infanzia e giovinezza, mi dicevano, sarebbe stata un inferno. Mettiti l’elmetto, mi dicevano, ah povera te, ah non hai idea, ah vedrai vedrai, ah come non ti invidio, ah che disastro. La capacità degli esseri umani di prevedere le catastrofi degli altri e non avere mai nessun contatto con le proprie è sempre sorprendente, ma adesso che tu ti trovi nel pieno di questa via di mezzo, e un giorno sei un cavernivolo e il giorno dopo sei un filosofo della scienza, una mattina sei un adulto che soffre e la sera stessa sei un bambino che gioca a palla, io ti guardo e mi piaci ancora di più, perché non so mai che cosa ci aspetta. A volte un urlo da rinoceronte, a volte una capriola. A volte, ed è il momento più difficile, un po’ di mutismo da via di mezzo. Risposte laconiche, monosillabi masticati, neanche un po’ di fame, ma poi tre piatti di spaghetti. Caro amore, vorrei dirti che crescendo migliora, ma non lo so se è vero. Sappi però che gli spaghetti ci saranno sempre.