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La memoria del tempo, l'eredità dei ricordi dentro i giorni ribelli nei boschi
"Il Bosco della Memoria": un viaggio tra ricordi e storia partigiana. Tommaso Sacchi e Rossella Köhler, figlio e madre, raccontano la resistenza attraverso le voci familiari. Un'eredità dolorosa e formativa che lega generazioni lontane
I partigiani avevano imparato a scorgere il pericolo studiando i movimenti degli uccelli: se uno stormo prendeva il volo d’un tratto, allora significava che qualcuno stava attraversando il bosco, e in base alla direzione in cui volavano i fringuelli e le pernici riuscivano a comprendere da che parte arrivava il nemico”.
Dopo le polemiche, le riletture, le appropriazioni partitiche e tutto quello che circonda il dibattito sul giorno della liberazione, bisognerebbe forse fermarsi a riflettere sulla sostanza, anche fuori dal tempo delle celebrazioni: quello che resta sono i racconti di chi quei giorni d’aprile degli anni Quaranta c’è stato. Esiste una letteratura ampia sulle voci dei partigiani – ma anche su quelle dei repubblichini – e si va dalle Lettere dei condannati a morte della resistenza italiana al romanzo autobiografico A cercar la bella morte, passando per Calvino, Fenoglio e Ada Gobetti. Però c’è anche una letteratura che, perdendo sempre di più per via del tempo le voci di chi era presente, si concentra sul ricordo delle storie raccontate a figli e nipoti. E’ il caso di Il bosco dove tutto cominciò, pubblicato da Mondadori, scritto da Tommaso Sacchi e da Rossella Köhler, figlio e madre: madre e figlio scrivono insieme la storia dei propri familiari, di nonni e padri e zii che hanno passato i giorni della guerra civile nei boschi, che hanno abbandonato la divisa militare diventando dei ribelli, le azioni di chi ha aiutato come poteva i disertori.
Il ricordo è un’eredità, un’eredità spesso anche molto dolorosa. “Sembra accaduto tutto un secolo fa’, ho detto, seguendo mio nonno tra gli alberi. Soldati, colpi di fucile, capanne in cui nascondersi… Le vicende che aveva vissuto parevano appartenere a un lontano passato. ‘Eh sì’, ha detto il nonno. ‘Eppure…’ ha poi aggiunto senza finire la frase”.
C’è chi minimizza il proprio ruolo, perché magari si limitava a rubare dei conigli di notte, e chi invece si sacrifica, a ventidue anni, per salvare la pelle dei propri compagni, sacrifici di cui si preferisce non parlare in famiglia per non riaprire voragini emotive troppo dolorose.
Ma quella del racconto familiare è un’eredità che ci permette di capire meglio il presente, ma che è anche – quando si ascoltano certe storie nell’adolescenza – uno stimolo per iniziare certi percorsi di vita. La domanda di un nonno che ha vissuto gli anni in cui una scelta politica poteva portare alla morte – “Cosa è giusto e cosa è sbagliato secondo te, Tommaso?” – diventa un mantra che porta a dedicare la propria vita a “dare il proprio contributo per cambiare in meglio il mondo in cui si vive”, cioè alla politica. Il nipote, Tommaso Sacchi, oggi è assessore alla cultura di Milano. Per il nonno la Costituzione della Repubblica vale più di un diario, è il testo che “ti aiuterà a capire cosa facevo lassù, nei boschi con i ribelli”.
Parlando di memoria, e di come funziona la trasmissione dell’epica e della tragedia familiare, fa effetto che Köhler abbia smesso di vivere proprio mentre il libro andava in stampa.
Il bosco dove tutto cominciò è un libro scritto a quattro mani, destinato ai ragazzi che della resistenza sentono per ragioni anagrafiche parlare magari solo a scuola, e diventa un altro pezzo del mosaico di storie di quel periodo, voci che vengono fermate sulla carta per non scomparire. L’affetto si mescola all’urgenza didattica. La paura di perdere i pezzi del passato diventa un collante per le generazioni.
Anche perché, come scrive nel libro Rossella Köhler, figlia e madre: “Ci sono stati tanti giovani che non hanno avuto l’occasione di raccontare quello che è successo”. Scriveva Andrea Emo: “La memoria, cioè gli altri divenuti noi stessi”.