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il figlio

La più bella frase d'amore e riappacificazione: hai mangiato?

Annalena Benini

Rifocillare: è ancora l’unica cosa che posso fare quando non ci capisco niente

Tutti, a cominciare da Elsa Morante e il suo terribile carattere, dicono che la più bella frase d’amore sia: hai mangiato? Quella frase primaria e un po’ nonnesca che purtroppo in età adulta nessuno pronuncerà mai più rivolta a noi: anzi il fatto stesso di mangiare ci connota adesso in senso negativo. Ma come, hai mangiato? Ma come, sei  andata a pranzo? Ma come, hai un’altra cena? Ma come, hai fame?  

Quelli che non mangiano guardano sempre con disprezzo quelli che mangiano. Che si appesantiscono, che si addormentano, che poi hanno mal di testa, che si lamentano che bisogna assolutamente diventare vegetariani ma intanto fanno la scarpetta al ragù, poi digiunano sedici ore di fila e dopo le sedici ore spaccano la vetrina del ristorante o sradicano la porta del frigorifero per la fame. Quelli che giurano che da domani solo cose sane, però in freezer qualcuno ha messo il gelato alla Nutella e voglio assaggiarne giusto un cucchiaino o due, e comunque sono le 23 e cinquantotto, non è ancora domani. A loro non si può chiedere: hai mangiato?, perché la prenderebbero come un’accusa, come un tentativo di sbugiardarli e scoprire quei piatti di pasta che nascondono sotto il cuscino. 

 

Dobbiamo quindi necessariamente rivolgere il nostro amore altrove. Mio figlio mangia a tutte le ore, anche di notte, se si sveglia perché c’è una zanzara che lo tormenta si alza e si prepara due uova al tegamino. Se sta guardando un film, ha bisogno di spaghetti, tanti spaghetti. Se non è a casa, manda un messaggio in cui minaccia di morte chiunque si avvicini alle sue nove pizzette della merenda. Ogni volta che gli chiedo se ha mangiato, la risposta è sì. Una polpetta, tre banane, un gelato, un pomodoro a morsi, una scamorza, le lasagne. Non faccio in tempo a mettere la spesa in frigo che il frigo è già stato svuotato. Non faccio in tempo a dire: cotolette, che sono già state mangiate. Quando mi vuole proprio far impazzire, mi dice: non ho fame. Io lo so che non è vero, che lo sta facendo apposta per ferirmi. Ti sei svegliato a mezzogiorno, ti ho comprato i cornetti alla crema, te li sto offrendo con il caffelatte  e la tua tazza preferita, quella con il piccione che dice vaffanculo, e tu mi rispondi: non ho fame. Ce l’hai con me? Vuoi litigare?

Allo stesso modo, se siamo arrabbiati e nessuno vuole ammettere di avere torto (io di solito ho ragione, ma lo dico così per gentilezza, può capitare di sbagliare), allora c’è un unico modo di passare sopra le incomprensioni, le stanze impresentabili, i vestiti ammonticchiati per terra, la tessera della metropolitana persa e anche il portafoglio sparito. Che pizza vuoi?

Che pizza vuoi una volta era la formula magica per quasi tutto, ma il tempo passa e a volte nemmeno la pizza basta più. Ci vuole un’idea nuova, ma a me piacciono così tanto le idee vecchie. Il cibo cinese resiste ancora, in cima alla classifica dei metodi di riappacificazione, e se non ci capisco niente dei loro malumori, degli inabissamenti, degli accessi a whatsapp tolti, di questa velocità incredibile nel lasciare la cucina e chiudersi in camera, l’unica cosa che posso fare è chiedere: hai mangiato? hai ancora fame? E ieri, quando ero molto arrabbiata  e mi sembrava che come sempre nessuno mi capisse tranne il cane, mio figlio è arrivato alle mie spalle all’improvviso, una cosa che mi fa sempre saltare sulla sedia e urlare di paura, ma stavolta è stato lui a gridare: che pizza vuoi? Ed è passata la paura.


   

  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.