il figlio

Mezz'età, cioè creatività al massimo, desiderio e impossibilità di tacere

Raffaella Silvestri

Pazza a chi? L'artista e regista "eccentrica" Miranda July esplora la vitalità femminile in "A quattro zampe" (Feltrinelli): è la Ferrari delle autofiction

Ho detto a una mia amica di stare attenta con l’uso della parola “pazza”, che è un attimo che lo si sarebbe potuto dire anche di lei – una frazione di secondo di mitomania, una paranoia confidata alla persona sbagliata, un momento di calo ormonale. Ultimamente ci faccio più caso. Lo dicono di alcune persone che conosco solo di nome – “vabbè ma quella è un po’ pazza”; lo dicono di me – anche persone che mi vogliono bene; lo si dice a volte per spiegarsi come mai una donna che ha delle buone qualità non ha il successo che ci si aspetterebbe. O perché qualcosa di sgradevole è successo a lei, e non a noi (litigare, non pubblicare un libro, non vincere un premio, essere mollate). 


Suppongo ci rassicuri – a me no, ma a chi è riuscita finora a tenere tutto insieme e proiettare un’immagine di sorridente rassicurazione. Di Miranda July si dice che è kooky – eccentrica – da ben prima di questo libro. A quattro zampe (Feltrinelli), è la Ferrari delle autofiction, il diamante rosso delle narrazioni di crisi di mezza età, la versione di Mangia Prega Ama comprata da Hermes. Artista, regista (Me and you and everyone we know, 2005), c’è una sua mostra alla Fondazione Prada (fino a ottobre), alcuni suoi essay sul New Yorker e molti suoi balletti su Instagram. E credo che il tema di questo libro sia proprio la pazzia intesa come quella caratteristica femminile che è un misto di creatività, eros, desiderio, fantasia, determinazione, che si riesce a mettere a tacere solo fino a una certa età, se ci si riesce. 


“Forse le crisi di mezza età erano solo pubblicizzate male, forse ognuna di esse era unica e profonda e a metterle in cattiva luce erano solo pochi uomini idioti con delle decappottabili rosse. Mi sono immaginata di salutare un uomo simile con solennità: vedo che sei arrivato a un momento di grandi interrogativi. Che Dio ti assista, anima inquieta”. Femminilità (o “pazzia”) come vitalità, spontaneità godereccia – anche a livello intellettuale. La fantasia che permette un certo tipo di arte. Tutto quello che è narrato in A quattro zampe è reale – non immaginato, non un sogno, non una fantasticheria – ma nel racconto ha un grande ruolo la raffigurazione, quello che la protagonista fa con il reale. 


“Nella vita ci sono parcheggiatori e guidatori. I Guidatori sanno restare lucidi e saldi anche quando la vita è noiosa. (…) I Parcheggiatori invece hanno bisogno di un compito concreto che sembra impossibile, qualcosa che richiede tutta la loro attenzione e sembra impossibile (…) per il resto del tempo sono annoiati e un po’ delusi”. Da qui nasce, forse, l’esigenza di costruire strati di significato sopra alla realtà. Lei e la migliore amica Jordi si raccontano come fanno sesso con i rispettivi partner. Jordi fa sesso con il corpo, lei “con la testa”, nel senso che si dissocia dal reale e crea scenari erotici immaginati. 


Il libro si apre con una nota del vicino, che lavora all’FBI, che la informa che c’era un tizio con un teleobiettivo che fotografava la casa mentre lei era dietro la finestra con una vestaglia trasparente. “Scusate il disturbo, cominciava il biglietto (…) Ti prego disturbami! Disturbami! E’ da una vita che aspetto di essere disturbata da un biglietto così”. C’è un grande tema dell’essenza del femminile, in questo libro, perché sono spiegati molti comportamenti tramite gli ormoni che fluttuano nella nostra esistenza, non nella macro-semplificazione età fertile/menopausa, ma per come siamo persone del tutto diverse ogni cinque, dieci anni. C’è il grafico con estrogeni e testosterone che crollano a picco a cinquant’anni. 

 
C’è il terrore di perdere la libido, che non è solo la possibilità di godere del sesso, ma di volerlo e immaginarlo, e di poter immaginare e quindi poter vivere. Ma sarà vero?

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