(foto di Oliver Cole su Unsplash)

il figlio

Una barca per Jamie. Le ore passate sui libri, l'immaginazione e un dolore comune tra padre e figlio

Giacomo Giossi

Il secondo romanzo di Elaine Feeney  è un vero e proprio manuale di come l’immaginazione una volta lasciata circolare possa trovare una forma di realtà e di come sia importante la possibilità di elaborare interiormente le proprie intuizioni, tenendo però sempre presente che la conoscenza è realmente tale solo una volta condivisa

Si apre con una passeggiata autunnale tra padre e figlio il secondo romanzo di Elaine Feeney, Come costruire una barca (Einaudi, 292 pp., 19 euro), il primo a essere tradotto in italiano (nella bella traduzione di Carla Palmieri) e presente nella longlist del Booker Prize 2023. Una passeggiata che rivela tutta l’eccitazione del piccolo Jamie che racconta in maniera eccitata, come capita spesso ai figli con i padri, di alcune sue scoperte, frutto delle ore consumate a immergersi tra i libri, in particolare in quelli del suo amatissimo Edgar Allan Poe. Jamie è come un fiume in piena che il padre Eoin accoglie con tenerezza, ma anche con un filo d’ansia. Jamie descrive il paesaggio circostante e nel farlo esprime desideri e aspettative con un movimento convulso. Quello di Jamie è un inciampo ingenuo e dolce, ma attraversato da un dolore che prova in parte a rimuovere e in parte a comprendere dentro di sé. La madre infatti è morta il giorno in cui l’ha partorito. Un dolore comune per il padre e per il figlio, ma anche un’inevitabile distanza, se Jamie vive un vuoto dato da una mancanza assoluta, Eoin è segnato da un’assenza dolorosa, da una nostalgia tanto spiegabile quanto irriducibile. Attorno a loro una comunità, quella del piccolo paese – immaginario – di Emory, posto sulla costa occidentale dell’Irlanda e attraversato dal fiume Brú già al centro dell’immaginazione di Jamie.

 

Un fiume che può ingrossarsi da un momento all’altro fino a esplodere, così gli hanno detto a scuola. Così se Jamie è alla ricerca continua di un senso per una mancanza che sa di avere, ma che non riesce ad afferrare pienamente, allo stesso tempo Eoin è spaventato, seppur affascinato, dalla grande immaginazione del figlio, temendo che possa restare scottato da sogni irrealizzabili e troppo grandi per lui, come quello di costruire una macchina per il moto perpetuo. Appassionato e seduttivo, Jamie ricorda Pollyanna, la protagonista undicenne dell’omonimo romanzo di Eleanor H. Porter del 1913. Anche lei orfana, ma capace di trasformare il proprio dolore in una forma di coesione con gli altri, Pollyanna dà forma a spazi di partecipazione e di cambiamento fino a quel momento non percepiti. Ed è proprio grazie a questo tenero, quanto raffinato equilibrio tra utopia e ingenuità che Elaine Feenney riesce a restituire un personaggio che mostra la dolcezza dell’infanzia unita alla sua forza trascinante di cambiamento. Come in una favola morale, a crescere pagina dopo pagina non è soltanto Jamie, ma anche il padre che cambia piano piano il suo punto di vista accogliendo con sempre maggiore serenità ed entusiasmo l’idea di costruire una barca. Un’idea che nasce dagli insegnanti di Jamie per provare a dare forma concreta e condivisa con i compagni di classe, ai suoi pensieri. L’autrice scava così attorno alla vita di Jamie raccontando di una comunità e di come tutto possa venire contagiato positivamente dando forma a un’energia nuova in tutto il paese.

 

Come costruire una barca è un vero e proprio manuale di come l’immaginazione una volta lasciata circolare possa trovare una forma di realtà e di come sia importante la possibilità di elaborare interiormente le proprie intuizioni, tenendo però sempre presente che la conoscenza è realmente tale solo una volta condivisa: “Tess era sempre più incerta sul proprio futuro, e più ascoltava Jamie sproloquiare sul senso della vita e dei fatti di ogni giorno, sui legami che andava cercando fra eventi aleatori, più capiva quanto lei stessa si stesse perdendo – nel tentativo di preservare la pace, o quanto meno di evitare i drammi”. Jamie nell’assenza di una madre di cui rivede quasi ogni giorno le gare di nuoto sullo schermo di un computer, riesce così a restituire un senso – attraverso la propria ansia di conoscenza – agli altri e anche a sé stesso, fino a dare a quella mancanza il nome che le spetta. Senza più angosce ad opprimerlo Jamie cresce anche grazie alla fiducia che trova negli altri, ora finalmente amici.

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