Il Figlio
"Fumana", la ragazza del secolo scorso nata libera e cresciuta velocemente
Quello di Paolo Malaguti è un romanzo denso, quasi un’indagine sull’Italia dei paesi sperduti e dimenticati che vanno dalla pianura padana fino all’Adige. Un contesto sociale un tempo poverissimo e provinciale, oggi invece ricco e industriale
Nasce alla fine dell’Ottocento, nasce senza un padre scappato via chissà dove e nasce restando orfana di madre morta durante uno stremante e doloroso parto. Si chiama Fumana, come la nebbia, e nella nebbia che si estende dall’autunno agli albori della primavera lungo tutta la val Padana fino al suo paese natio, Voltascirocco in quel Veneto tutto contadino, poverissimo e ancora intriso di una religiosità mistica e popolare, fatti di fantasmi e miracolose guarigioni. Fumana cresce così quasi selvaggiamente immersa in un sogno perenne nel quale la natura non rappresenta il limite estremo e residuale della presenza dell’uomo, ma ne fa parte pienamente determinandone fortune e sfortune in un miscuglio di preveggenza e credulità. Fumana (Einaudi) dà anche il titolo al romanzo di Paolo Malaguti che ha abituato i suoi lettori, negli anni, a un’indagine sull’Italia che parte e prende corpo dagli scorci, di paesi sperduti e dimenticati che dalla pianura padana arrampicano sulle montagne del nord est ancorati all’Adige, il fiume che porta lavoro e ricchezza, ma anche morte e devastazioni con il suo carico alluvionale. Una landa desolata, un tempo poverissima e oggi invece ricca. Città nobili e campagna infinite, la ricchezza della rendita nobiliare e borghese e ora la produzione dinamica di campane divenute industriali, un movimento tra pieno e vuoto che determina la vita di chi resta e di chi vi fugge.
Luoghi spesso privi di un centro assoluto, ma densi di storie minime e curiose a cui Paolo Malaguti sa dare abilmente un ordine e un significato che va ben oltre il fatto locale, ma che porta con sé il senso di un paese come l’Italia tanto provinciale quanto complesso e frastagliato.
Fumana nasce libera, l’unico suo riferimento un nonno di nome Petrolio che la cresce quanto e come può. Malaguti intreccia la storia intima di Fumana con la grande storia di un secolo e dell’Italia, una nazione giovane che ancora fatica a darsi un’identità e una lingua comune. Tutto corre però velocissimo verso una modernità pericolosa e carica di tragedie. Cambiano le abitudini e le regole per un popolo che vedrà perdersi e poi riconoscersi nella Grande Guerra, il futuro appare un tempo inquieto e non privo d’inganni per lo stesso nonno di Fumana: “Petrolio aveva un sacco di ottime ragioni per avercela ci piemontesi che lo avevano fatto diventare italiano, perché prima, quando c’era l’aquila a due teste, guadagnava mica male a fare contrabbando di sale e tabacco di qua e di là dal Po”.
Fumana cresce veloce, conosce Luca, s’innamora. La ragazza vive il suo tempo con pienezza e stupore, impossibile controllarla. Il nonno decide così di affidarla alla guaritrice del paese, la “strigossa” Lena che insegna a Fumana come ascoltare la gente e come essere una donna capace di guarire e curare. Fumana cresce e cambia in quell’impasto contadino in cui il lavoro si lega alla vita, in cui i sentimenti devono tacere e a prevalere resta la fatica: “Fumana si era tenuta per sé il suo amore per Luca, se lo lisciava come la gatta i suoi cuccioli, s Leo rimirava in un miscuglio di pudore e curiosità, perché non le era mai capitata quella cosa lì, e tutto era nuovo”. L’amore dunque come una forma di malattia, un problema, un impedimento da tenere alla larga, tanto più per una donna libera come Fumana che alla tradizione oppone una resistenza inedita figlia della forza insopprimibile dei propri sentimenti. Paolo Malaguti riscopre il perduto mondo contadino individuando i motivi di una modernizzazione che fu frutto anche dell’opposizione radicale di donne come Fumana a regole arcaiche che le avrebbero relegate a subalterne di una società maschilista e bigotta. Una lotta di una figlia del secolo scorso che ancora vive nei nostri giorni.