Il Figlio
“Prima bruciano i libri, poi ammazzano le persone”. Azar Nafisi contro il regime di Teheran
"La letteratura è lo spazio più democratico e pericoloso che ci sia, per questo è sovversiva". La scrittrice iraniana al festival Pordenonelegge
“Tutte le volte che lasciavo l’Iran per fare un talk o una presentazione, mia madre mi diceva sempre: “Raccontaglielo! Tutti devono sapere quello che accade qui, perché la dittatura nel nostro Paese vuole farci credere che il mondo si è dimenticato di noi, ma non è così. Da allora ho capito che dobbiamo parlare per il mio popolo - siamo la loro voce - perché se diventa libero, lo siamo anche noi”.
Alla 25esima edizione di Pordenonelegge, gli applausi più lunghi sono per Azar Nafisi, la scrittrice iraniana che ha ricevuto il Premio Crédit Agricole-La storia in un romanzo. “In Iran, ricorda, abbiamo perso l’arte di relazionarci con l’opposizione. È qui che entra in scena la possibilità di leggere pericolosamente, perché insegna ad affrontare il nemico. Conoscerlo significa scoprire se stessi”.
Si intitola, non certo a caso, "Leggere pericolosamente", anche il suo ultimo libro - pubblicato da Adelphi come tutti gli altri - un romanzo di denuncia che completa l’opera da lei avviata con "Leggere Lolita a Teheran" (al Rome Film Fest 2024 vedremo il film di Eran Riklis) e "La Repubblica dell’immaginazione".
La letteratura esercita un effettivo potere sulla nostra quotidianità? Una risposta lei l’ha trovata nelle cinque lettere indirizzate a suo padre, Ahmad Nafisi, che è stato sindaco di Teheran, recentemente scomparso, “ma con cui la corrispondenza non si è mai interrotta”. “Grazie a lui e a mia madre Nezhat, la prima donna ad essere eletta al parlamento iraniano, andai a studiare in Inghilterra a 13 anni per poi laurearmi negli Stati Uniti in Letteratura inglese e americana. Tornai in Iran per insegnare all’Università di Teheran, ma dopo 18 anni d’insegnamento fui espulsa a causa delle restrizioni del governo degli ayatollah. Con mio marito e i nostri due figli decidemmo così di trasferirci negli Stati Uniti. Eravamo davvero molto più giovani (accenna a un sorriso, ndr). Era il 1997 e ancora oggi viviamo a Washington”.
In "Leggere pericolosamente" Nafisi ci accompagna in un percorso di rinascita proprio con quelle lettere indirizzate al suo Baba janal (al suo papà), e ci apre gli occhi sulla realtà facendo sue le parole di diversi autori passati alla storia - Salman Rushdie, Zola Neale Hurston, David Grossman e Margaret Atwood - che, per un motivo o per l’altro, infastidiscono il regime totalitario iraniano.
“La letteratura è lo spazio più democratico e pericoloso che ci sia, per questo è sovversiva. Nei regimi totalitari i primi ad essere attaccati dal potere sono le donne, le minoranze e la letteratura. C’è il detto, secondo il quale prima si cominciano a bruciare i libri, poi si ammazzano le persone, quasi una sorta di avvertimento di ciò che potrà accadere. Perché – mi chiedo - chi è al potere teme così tanto uomini e donne la cui unica arma è la parola? La risposta è semplice: perché la letteratura, contenendo la verità, va a braccetto con la libertà, mentre i regimi sono fondati sulle bugie. La verità fa paura, è pericolosa, non solo per i regimi però, anche per noi, perché quando conosciamo la verità dobbiamo parlare, agire, altrimenti diventiamo complici”.
“A minacciare la democrazia – aggiunge - sono le nostre coscienze dormienti, l’atrofia del sentire. L’Occidente, in particolare l’America, ha preso la democrazia troppo alla leggera, l’ha data per scontata, dimenticando il passato e la storia che ha permesso di costruirla. Primo Levi diceva che i mostri esistono e sono pericolosi, ma sono pochi. Chi davvero fa paura sono le persone ordinarie che si comportano come i mostri, impongono loro, senza porsi domande. È arrivato l’urgente bisogno di iniziare a porcele”.