Il Figlio
Sulla lavagna all'ingresso: Questa casa non è una pattumiera
La mia amica è molto saggia perché appunta con i gessetti informazioni che possono essere utili ai suoi tre figli maschi, ma io non potrei mai scrivere in maiuscolo: Fate come se ci fossi
Ho un’amica molto simpatica, molto saggia e la saggezza è dovuta anche al fatto che ha tre figli maschi di età diverse, quindi per il resto delle cose della vita è imperturbabile. Quando parte per lavoro o quando sono necessarie comunicazioni urgenti e i ragazzi non rispondono al telefono, lascia dei messaggi scritti su una lavagna nell’ingresso. Scrive con i gessetti, in stampatello maiuscolo, frasi brevi ed efficaci, a volte minacciose, ma sempre con spirito costruttivo. Negli anni ho assistito al movimento e al cambiamento di quei messaggi, oltre che dell’umore della mia amica. Che in una di queste avvertenze sulla lavagna, bianco su nero, illustrava le differenze tra x e y. Il pigiama è diverso dai vestiti, il mio asciugamano è diverso dal tuo asciugamano, la pattumiera è diversa dal lavandino, adesso è diverso da dopo, dopo è diverso da mai, studiare è diverso da leggere, leggere è diverso da: non è da fare. Un catalogo delle differenze, molto utile nei momenti di crisi ma anche in quelli di ordinaria amministrazione.
A volte si sente vibrare il nervosismo, e allora la mia amica scrive soltanto: questa casa non è una pattumiera. Sembra un messaggio talmente ovvio da essere inutile, ma allora perché se entro in camera di mia figlia (è un errore, avevo giurato di non farlo più fino al prossimo trasloco), e ci entro magari dopo averle comprato un paio di scarpe da ginnastica, quindi entro con uno spirito un po’ compiaciuto, comunque positivo, trovo la scatola delle scarpe nuove buttata a terra, capovolta, con la carta velina fatta a pezzi più o meno su tutto il pavimento? Faccio dietrofront, non voglio vedere altro, però le urlo dall’uscio: perché? E lei dice, senza fare minimamente il gesto di raccogliere la scatola o la carta, che i gatti devono giocare. Quindi io non potrei scrivere sulla lavagna che questa casa non è una pattumiera, perché mentirei. Anche il bagno è una pattumiera: chi apre un nuovo dentifricio, ad esempio, lascia sul lavandino l’involucro di cartone, lascia il pezzetto di plastica che chiude il tappo e lascia ovviamente il tubetto di dentifricio vuoto. Lascia lo scontrino del dentifricio, perfino, come segno di crisi economica. Però avrei dovuto scrivere, ogni anno: Si ricorda a tutti che la scuola inizia domani e non verso i primi di maggio.
Chiedo alla mia amica se questi messaggi funzionino, se sia un po’ come mettere il libro sotto il cuscino, il consiglio di Umberto Eco. Lei sorride della mia ingenuità. L’unico messaggio, mi dice, che ha avuto qualche effetto, è stato: Chi parte si faccia la valigia. Quindi un figlio è partito con una busta di plastica con dentro una maglietta e uno spazzolino, e lei è rimasta immobile. Ammiro la mia amica anche per questo. Io ho insisito per aiutare mia figlia a fare lo zaino per la montagna. Volevo che portasse anche due golf di lana, magliette a maniche lunghe, un piumino. Lei ha detto: faccio io. Poi è successo che la nonna è andata a trovare mia figlia in montagna, e l’ha trovata vestita troppo leggera. Mia figlia si lamentava del freddo, a un certo punto tremava, e la nonna allora ha urlato: possibile che tua madre non ti abbia dato niente di pesante, neanche una maglietta a maniche lunghe? Lei ha detto solo, sempre tremando: eh, infatti, boh. Quindi io, quando parto, non posso fare come la mia amica che scrive: Fate pure come se ci fossi. Posso solo copiare il suo ultimo messaggio, il ricatto emotivo, l’appiglio a uno scampolo di umanità: Non mi arrabbio, ma soffro.