il figlio
Per diventare grandi bisogna ricordarsi la medicina del cane. Ma che disperazione
La responsabilità secondo mio figlio: lezioni di maturità inaspettata. Tra temi disastrosi e un 4 in Latino
La questione della responsabilità. Passiamo il tempo a dire: devi assumerti le tue responsabilità, quando diventerai più responsabile? Noi adulti, nel frattempo, sotto l’ombrello della responsabilità facciamo tutte le cazzate esistenti, e appena le abbiamo terminate ne inventiamo altre. Ma i figli, accidenti, devono essere responsabili. Mio figlio ha appena fatto in classe un tema sulla responsabilità, mi ha detto. E io che sono una madre irresponsabile mi preoccupo soltanto dei temi. Mi interessa solo dei temi. Hai preso cinque in Scienze? Dieci in Inglese? Sì sì, ma com’è andato il tema? Il tema è stato un disastro, ha detto mio figlio, tutta la classe è andata male. Quando si premette un esito collettivo, figlio mio, significa che si vuole scansare la responsabilità personale, dico senza sentirmi immediatamente ridicola. (Sul lavoro, trenta o quarant’anni dopo, facciamo di peggio, cerchiamo di scaricare sempre le responsabilità. Il governo precedente, la precedente gestione, l’invasione di cavallette che mi ha impedito di arrivare puntuale, il malocchio che ha rovinato questo lavoro). In realtà il tema di mio figlio è andato bene, ha preso 6+, il tema più maturo, gli ha detto la prof., peccato che non abbia usato termini come “fuorché”, “d’altronde”, “peraltro”, “acciocché”. Deve lavorare di più sul lessico. Cerco di essere responsabile e non ridere, ma sono sollevata di essere troppo vecchia perché qualcuno possa chiedermi di scrivere anche una sola volta nella vita “acciocché”. Sono follemente curiosa di sapere che cosa ha scritto mio figlio, gli chiedo una foto del tema. “Mamma, non usiamo i telefoni in classe”. Lo dice con la consapevolezza della mia irresponsabilità, io gli chiedo allora di portarmi la brutta copia, dice che la brutta copia va sempre consegnata e insomma sembra che io stia chiedendo di entrare alla Casa Bianca con una bomba a mano. Ma almeno dimmi che cosa hai scritto! Ho scritto che dobbiamo assumerci le nostre responsabilità, che è l’unico modo per diventare grandi: ho fatto l’esempio della medicina del cane, che devo dargliela tutti i giorni sennò sta male ed è mia responsabilità. Ammazza amore, bravo, ma chiaramente è merito mio che te lo ripeto sempre. (Un’altra caratteristica della responsabilità adulta è quella di cercare di accaparrarsi tutti i meriti senza mai gratificare il lavoro degli altri). Quindi sto tranquilla, mio figlio ha capito che cos’è la responsabilità nonostante sua madre.
Dopo un paio di giorni, raggiungo l’altra città dove lavoro e ricevo un suo vocale con voce grave: Mamma, devo dirti una cosa che non ti piacerà. Penso alla medicina del cane, penso al cane agonizzante, penso che mio figlio abbia perso un’altra volta la tessera della metro, il portafoglio, la carta d’identità, penso al casino di rifare tutti i documenti. Invece l’annuncio riguarda un quattro in Latino: “Mi ha interrogato a sorpresa, ma non mi sto giustificando, ero impreparato, è colpa mia, rimedierò al più presto”. Cosa si risponde a un messaggio così? Il mio istinto è: amore, ma chissenefrega di Latino, a me peraltro acciocché d’altronde importa solo dei temi, non ci pensare, andiamo a mangiare i ravioli cinesi. Ma devo essere all’altezza dell’assunzione di responsabilità. Rispondo una cosa neutrale: “Ma quindi non avevi proprio studiato niente”. E lui: “No, perché avevo dato priorità ad altro, ti chiedo scusa però”. Sono disperata: mio figlio ha imparato il linguaggio della responsabilità, glielo avranno insegnato al corso di teatro, magari la priorità era la playstation ma mi ha comunque disarmato. Non posso sgridarlo, non posso consolarlo, non posso esercitare il mio potere di madre, non posso dirgli: devi rimediare, perché l’ha già detto lui. Non mi resta che piangere sull’infanzia irresponsabile irrimediabilmente perduta. Ricevo una mail. Dottoressa, stiamo aspettando il suo intervento. Certo, ma domani: ho dovuto dare priorità ad altro.
Se non posso più comandare, voglio almeno copiare, come quando ero irresponsabile e felice.