Il Figlio
Palma Bucarelli e Fernanda Wittgens, madri dell'arte italiana
Da un lato la direttrice della Galleria Nazionale di Arte Moderna, dall'altra quella della Pinacoteca di Brera. Personalità diversissime raccontate nell'ultimo libro di Rachele Ferrario. Fra stima reciproca e la contesa sul grande artista spagnolo Picasso
Figli non ne hanno avuti, probabilmente non li hanno nemmeno desiderati. Però Palma Bucarelli e Fernanda Wittgens sono state due grandi madri. Madri dell’arte italiana, perché l’arte le ha impegnate con la forza della vera passione e perché all’arte hanno dedicato la vita avendo avuto la capacità di imporsi in ruoli di potere decisivi. La contesa su Picasso di Rachele Ferrario (La Tartaruga, 174 pagine, 18 euro) ne racconta in parallelo l’impegno professionale concentrandosi soprattutto su due diverse mostre che realizzarono l’una a Roma, inaugurata il 5 maggio ‘53, l’altra a Milano il 23 settembre dello stesso anno, dedicate al pittore più conteso e reticente del momento, Pablo Picasso. (A Picasso lo straniero, per inciso, sarà dedicata una nuova mostra romana al Museo di via del Corso dal 27 febbraio a fine giugno con la collaborazione di diversi musei internazionali).
La milanese Wittgens, nata il 3 aprile 1903, fu dall’agosto del 1940 direttrice della Pinacoteca di Brera (prima donna a occupare un posto così importante); nel luglio del 1941 Bucarelli, di 7 anni più giovane di Fernanda, è chiamata a dirigere a Roma - dove è nata il 16 marzo del 1910 - la Galleria Nazionale di Arte Moderna. Sono direzioni che lasciano il segno, contribuendo in modo determinante, dopo le devastazioni della guerra, a far rinascere i due musei, rinnovarli e imporne un duraturo primato. Hanno personalità diversissime. Wittgens, di origini svizzere, è una specie di suora laica, severa, impegnata politicamente.
Durante il fascismo finisce in prigione perché scoperta ad aiutare ebrei a fuggire in Svizzera. Palma è naturalmente mondana, elegantissima (i suoi vestiti firmati sono conservati nel romano Museo Ludovisi). E’ bella, spiritosa, piena di fascino di cui sa servirsi per ottenere i suoi scopi. E’ amica di artisti e letterati, che la difendono dagli attacchi politici, soprattutto del Pci che non la vede abbastanza allineata. Perché lei è allineata solo agli interessi dell’arte, in particolare l’arte d’avanguardia di cui diventa paladina facendo infuriare De Chirico e Guttuso, che non si sentono abbastanza rappresentati nella sua galleria, la cosiddetta Gnam. Era anche lei una donna coraggiosa. Per proteggere le opere d’arte dai bombardamenti, durante la fase finale della guerra, come fece la stessa Wittgens, ne aveva spostato una quantità in posti più sicuri stipandole nella sua macchina e viaggiando di notte.
Si stimavano, ci assicura Rachele Ferrario, ma tenendosi d’occhio. Ed entrando in competizione su Picasso. Tutte e due volevano dedicargli una mostra nella propria città. Ci riuscirono attirando grande attenzione di critica e di pubblico. E se Palma arrivò prima esponendo le opere più recenti e meno viste del grande andaluso, che conosceva di persona, Fernanda organizzò una retrospettiva e si accaparrò il più noto simbolo dell’orrore della guerra, Guernica, che Picasso resisteva a spostare dal Moma di New York (ora è a Madrid, al Reina Sofia).
Hanno avuto destini diversi Fernanda e Palma anche nella morte, che arrivò presto per la prima, quando aveva 54 anni ed era da tempo malata. Lunga e costellata di relazioni amorose vere o presunte - perché forse gliene furono attribuite più del dovuto - quella di Bucarelli che si spense a 88 anni nel 1998. Femministe ante litteram, non avrebbero gradito essere definite così, con una “vocazione naturale al comando” e uno spirito combattivo grazie ai quali dobbiamo anche a Wittgens, in polemica con Cesare Brandi, il salvataggio e il restauro del Cenacolo di Leonardo, e a Bucarelli la scoperta di tanti nuovi pittori che si sarebbero affermati grazie a lei, mentre venivano vilipesi da molti critici. E a entrambe dobbiamo un’idea veramente moderna di museo.