Il Figlio
Fine delle vacanze e delle risposte automatiche. Finalmente
Il ritorno a lavoro dopo le festività natalizie, le mail, le call e i messaggi automatici; la lotta contro lo strapotere dell'intelligenza artificiale.
Dopo due settimane (parlandone con affetto) trascorse in out of office, ho bisogno di una quantità importante di sedativi. Dopo due settimane in cui tutto il mondo si è trasformato nei miei figli, cioè nessuna riposta, nessuna spunta blu, nessun cenno di vita, nessuna collaborazione, niente di niente tranne la risposta automatica che ti segnala quanto la tua mail sia stata inopportuna, la terra ha ripreso a girare e le persone hanno ricominciato a mandare messaggi aggressivi. Che sollievo. Telefonano ogni secondo, pretendono “call” (chiedo perdono per questa parola) dall’ambulatorio medico in cui stanno per sottoporsi ad anestesia, continuano riunioni online anche incatenati al carro attrezzi che gli sta portando via la macchina. E iniziano con: buon anno, ma è il 10 gennaio e a me sinceramente sembra che l’anno stia per finire, è quasi di nuovo Natale e per fortuna non ho ancora disfatto l’albero. Ho vissuto molto male, lo confesso, il fatto che dopo tutti questi giorni di pandori, cotechini e auguri interminabili (solo gli auguri erano concessi), ci sia stato un altro lunedì in cui tutti noi, ormai anzianissimi e con livelli glicemici assurdi e con infinite grane da risolvere, dovevamo di nuovo essere bambini festosi in attesa della Befana. Mi sveglio e controllo che non mi abbia lasciato il carbone, mi sveglio e controllo se qualcuno mi ha risposto a una mail: nessuno, sei stata cattiva. Nessuno, eppure ai tuoi figli, che hanno ormai quasi quarant’anni, hai lasciato la calza in fondo al letto.
Ma adesso è finita, e sul treno in cui mi trovo vedo gente che litiga furiosamente con gli air pod nelle orecchie, che urla a uno schermo, che batte i pugni contro il vetro perché è caduta la connessione: sono tutti in riunioni di lavoro, sono tutti ingrassati, stempiati e stressati, non è stata una buona idea andare in vacanza e soprattutto è stato uno sbaglio inserire l’out of office. Io detesto l’out of office, mi fa sentire una stalker con divieto di avvicinamento, mi fa perdere fiducia nell’umanità. Credo invece molto nel valore della non risposta e delle bugie successive per scusarsi: ero caduto in un crepaccio molto profondo, ma sei la prima persona a cui sto rispondendo dopo che la guardia forestale mi ha tratto in salvo. Più creativo è il livello di bugia, più quella persona può ritenersi importante e fortunata. Se non si fosse capito, la mia è una lotta anche contro lo strapotere dell’intelligenza artificiale. Meno messaggi automatici riceviamo, più scuse inventiamo, più restiamo umani.
Ricevo una mail di lavoro durante la zona rossa delle vacanze, rispondo con fiducia, stupore e gentilezza, e mi arriva veloce come uno schiaffo la risposta automatica: al momento sono fuori ufficio per la pausa natalizia e avrò accesso limitato alla posta elettronica. Sarò nuovamente disponibile al mio rientro il 7 gennaio, il 35 febbraio, il 48 marzo. Ma sei stato tu a scrivermi! Io non volevo niente da te. Perché allora infliggermi il tuo rifiuto? Perché segnalarmi che non era proprio il caso che io ti scrivessi, che non avrei dovuto violare la tua pausa natalizia di 85 giorni? Sarò costretta a non risponderti mai più. Adesso che è tutto finito, e quindi ricominciato, vedo cervelli esplodere per le conseguenze dell’out of office. Mentre i miei figli, a cui continuo forsennatamente a chiedere: perché non mi rispondi?, sbadigliando dicono: avevo di meglio da fare, e il caso è chiuso. Lasciamoci pure, ma senza risposte automatiche.