(Ansa)

il figlio

Tutti hanno l'influenza, che esagerazione. Topi blu che ballano

Annalena Benini

Siamo adulti, un po’ di tachiprina e via. Il desiderio di stelline in brodo con il formaggino alle nove del mattino e il senso del dovere nonostante la malattia

Tutti hanno l’influenza, parlano di questa influenza spaventosa che dura settimane (in un mese, gennaio, che sta durando anni). Ce l’hanno e postano foto di fazzoletti, tachipirina e ibuprofene, oppure l’hanno appena avuta e dicono di aver visto topi blu che gli camminavano sul corpo. Io alzo le spalle, penso che le persone davvero esagerano, che sarà mai un po’ di influenza, anzi beati voi che vi mettete a letto come a dodici anni e mangiate le stelline in brodo e formaggino e sognate topi blu. Scansafatiche, pasquettari, gente priva di senso del dovere. Ragazzini per sempre, con la mamma che vi porta la tivù in camera (il periodo più bello della mia vita: le tonsilliti dell’infanzia). Da adulto, l’influenza te la fai in piedi, con le scatole dei kleenex a portata di mano, giusto un po’ di malumore, cerchi di tossire il meno possibile per non spaventare gli altri, tachipina mille q.b., insomma te la sbrighi da solo. 


Ad esempio adesso, stanotte, ho questo pizzicore in gola che non è niente, proprio giusto un po’ di gola secca perché ho preso un colpo di vento per strada, ma non è che mi lamento, domani starò benissimo, berrò un po’ di latte e miele e via, andrò incontro ai miei doveri con una sciarpa in più. Mi sveglio nell’altra città, quella in cui vivo da sola e sono una persona tutta intera, e non è che uno si sveglia e si mette  a parlare se in casa non c’è nessuno, neanche un gatto. Però io in questa casa ho una pianta, una di quelle che purificano l’aria nella stanza, una Sanseveria, mia nonna ne aveva molte e io ne ho una soltanto, ma da quando l’ho lasciata sola per le vacanze di Natale e al mio rientro l’ho vista triste e un po’ malata, il nostro rapporto è cambiato: la guardo, la saluto prima di uscire, le dico che impegni ho, facciamo a metà di un bicchiere d’acqua. Quindi le ho detto, versandole un bicchier d’acqua, che mi sentivo un po’ strana. Cioè, ho aperto la bocca per dirglielo ma è uscito solo un rantolo.

La pianta si è spaventata, le foglie si sono mosse, ho percepito il suo disagio: forse ha paura dei germi. Niente più voce, va bene. Adesso bevo il tè, il latte, il caffè, prendo il miele, le spezie indiane, compro le caramelle miracolose, poche storie e la voce torna squillante. Esco di casa e noto che le mie gambe e le mie braccia pesano molto di più, sarò ingrassata durante la notte? Anche la testa pesa un quintale, ma guarda che stranezze accadono a Torino. Faccio qualche passo sotto i portici, ma il vento mi taglia il cervello in due, anzi in quattro, e appena tossisco (tossisco un po’, è normale) dagli occhi escono due fiumi di lacrime. Decido di prendere un taxi, ma solo perché piove, non perché io non riesca a camminare. Il taxi lo guida una signora, entro, saluto, dico l’indirizzo e mi rituffo nel telefono. Ho questi due fiumi di lacrime che scendono,  da qualche parte dovrei avere un fazzoletto.


La signora si gira verso di me e dice, prima di mettere in moto: mi dispiace che stia così male, se poi deve lavorare è anche peggio. Resto attonita, sono le nove del mattino e provo un fortissimo desiderio di stelline in brodo con il formaggino. La signora ha la mia età, ma forse invece è mia madre, forse è un topo blu, forse sto morendo. Rispondo solo: eh. Perché non ho la voce e perché adesso l’auto è piena di topi blu, ma non corrono, stanno seduti tranquilli accanto a me. Anche la mia pianta è arrivata e mi guarda. Sto bene, perché è una di quelle piante che purificano l’aria.

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