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Il Figlio
La termoregolazione giovanile e l'estate a Tunisi d'inverno
Il raffreddore più lungo del mondo e un’unica regola: non rovinare il mio outfit
La differenza fra gli adulti e i ragazzi, abbiamo detto, è che i ragazzi non hanno mai freddo e escono di casa con le maniche corte quando nevica. Mentre io d’inverno ho freddo, ci sono delle parti del mio corpo che hanno una voce e quella voce grida: coprimi sennò te la faccio pagare. Quindi, se io e mio figlio usciamo di casa insieme nello stesso momento (cioè: se io lo costringo) e ci specchiamo in ascensore, nello specchio ci sono due stagioni diverse: io che vado incontro all’inverno di San Pietroburgo e lui all’estate di Tunisi. Con l’umiliazione aggiuntiva che poi, durante l’estate di Tunisi, lui è vestito esattamente uguale all’inverno e non soffre il caldo, mentre io invoco una vasca ghiacciata e mi rifiuto di uscire di casa. Quindi la differenza fra gli adulti e i ragazzi è la termoregolazione.
Mi sono innamorata di Hugh Grant nel 1999, quando in Notting Hill è sempre vestito allo stesso modo, d’estate e d’inverno, sotto la neve, sotto la pioggia e sotto il sole: giacca e camicia. Devo aver pensato che il suo sistema di termoregolazione fosse davvero favoloso, e comunque, un quarto di secolo dopo, lo penso ancora. Il sistema di termoregolazione, anche il più favoloso, a volte fa cilecca, e mio figlio ha il raffreddore da circa due mesi: me ne accorgo dalla montagna di fazzoletti di carta appallottolati in ogni stanza e a volte dall’urlo strozzato: non respiro!
Questo raffreddore però non può in alcun modo, ha detto lui sempre con voce strozzata, “rovinare il mio outfit”. Rovinare l’outfit significa aggiungere un golf alla maglietta o magari, Dio non voglia, una sciarpa alle sette e trenta del mattino per arrivare a scuola. E’ fuori discussione, va bene, ma in casa nessuno giudica il tuo oufit, puoi per favore metterti una cosa con le maniche lunghe? Puoi metterti un paio di calze? La risposta è sempre no, perché l’outfit è anche interiore e non bisogna tradirlo, l’outfit ha a che fare con lo stile. Quindi si va avanti così, semi nudi e con costruzioni di fazzoletti usati che in certe ore del giorno possono arrivare al soffitto. L’altra sera, però, al naso chiuso si è aggiunto l’orecchio tappato: mio figlio è diventato mezzo sordo e ha affermato di sentire il suo cuore battere dentro l’orecchio. Gli ho fatto notare che non cambia molto, visto che finge sempre di non sentirmi. Voleva però una formula magica per l’orecchio, e chiunque abbia un minimo di buon senso sa che le formule magiche per le orecchie non esistono.
Ma ero come sempre lusingata per questo potere di madre riconquistato grazie a un orecchio chiuso, e gli ho imposto le inalazioni: era così sconfortato che ha accettato. Dalla scatola per le inalazioni sono emersi dei reperti: dvd usati per l’intrattenimento durante le sessioni serali di inalazioni. La Pimpa, Il gobbo di Notre Dame e La sirenetta. Belli i momenti in cui ero io a decidere gli outfit e in cui erano loro a chiamarmi per tutte le stanze, e io a fingermi sorda. Ho detto a mio figlio che il modo migliore per avere un orecchio funzionante è la doccia caldissima con la finestra chiusa. Non mi ha ascoltato, forse non ha sentito? Sono abituata a ripetere le stesse cose duecento volte, e così ho fatto per due giorni. Due giorni in cui mio figlio ha minacciato di strapparsi l’orecchio, di bucarlo con uno spillo, due giorni di piedi nudi, al terzo giorno sono scappata. In treno mi ha raggiunto un messaggio: mi si è stappato l’orecchio sotto la doccia, grazie. Prego amore mio, sarò sempre qui a termoregolarti.