Quando il commercialista scomparirà
Cosa possono fare i professionisti per evitare di essere sostituiti dai robot
E’ l’ora del commercialista 2.0. Le innovazioni del settore fiscale, portate avanti dall’Agenzia delle entrate, stanno costringendo la categoria dei commercialisti a evolvere. La digitalizzazione sta infatti entrando prepotentemente all’interno dei vari adempimenti fiscali, che un tempo ruotavano attorno al ruolo del commercialista.
Ma andiamo con ordine. Il tutto è partito nel 2015 quando si introdusse il “730 precompilato” per i lavoratori dipendenti e i pensionati per poi passare nel 2018 all’introduzione della fattura elettronica. Si parla dunque di due innovazioni, di non poco conto, che hanno iniziato a rivoluzionare la professione dei commercialisti. E questo perché con il 730 precompilato, l’Agenzia delle entrate ha iniziato a chiedere ai vari interlocutori di comunicarle direttamente le informazioni relative alle spese detraibili o deducibili (farmacia, spese veterinarie, ospedali ecc.) in modo da poterle inserire nel modello online da inviare ai contribuenti. Nel corso degli anni il progetto del precompilato si è affinato sempre di più. Sono state aggiunte detrazioni, spese e maggiori specifiche, in modo da poter fornire al contribuente un modello 730 “quasi perfetto” e che richiedesse ben poche modifiche. Ovviamente l’Agenzia delle entrate dà ancora la possibilità di fare cambiamenti nel precompilato, nel caso in cui si riscontrasse un errore. Va da sé che con l’introduzione del precompilato la figura del commercialista per “fare la dichiarazione” sta diventando sempre più marginale.
Per quanto riguarda invece la fattura elettronica, nonostante non funzioni alla perfezione e l’Agenzia delle entrate debba ancora migliorare diversi aspetti operativi, nel suo complesso rappresenta un’innovazione importante. Per fortuna dei commercialisti, in questo caso, la e-fattura è stata meno dirompente per la professione, grazie alle svariate difficoltà riscontrate dagli operatori nel: inviare, ricevere, usare i vari software gestionali, gestire i ritardi del Sistema di interscambio dell’Agenzia delle entrate e i continui blocchi. L’insieme di questi disagi ha reso la figura del commercialista, ancora una volta, un punto di riferimento per il contribuente italiano. Inoltre, la e-fattura non permette l’automatismo a bilancio dei dati presenti all’interno della fattura elettronica. L’amministrazione deve dunque ancora analizzare la fattura digitale e sistemare le varie voci all’interno delle scritture contabili.
La vera rivoluzione, per i commercialisti, ci sarà quando inizieranno a nascere software in grado di gestire in modo autonomo fatture elettroniche e bilanci aziendali. E il giorno non è poi così lontano, dato che molte case software stanno iniziando a sviluppare programmi in grado di mettere a bilancio i dati presenti all’interno di una e-fattura. Per poi non parlare del fatto che andando avanti negli anni l’Agenzia delle entrate metterà a punto sempre più processi automatizzati. E allora, i commercialisti che fine faranno? La risposta è una sola: si dovranno evolvere. Il problema è in cosa. Massimo Miani, presidente del consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, risponde che “i commercialisti si occuperanno di altre aree tematiche diverse dal fisco e dalla contabilità”, dice. Queste, spiega il presidente, resteranno sempre i cardini delle professioni ma il commercialista del futuro dovrà specializzarsi nella consulenza aziendale, nella gestione delle crisi di impresa e in diversi ambiti societari se vorrà sopravvivere. La specializzazione deve però essere legata all’aggregazione dei piccoli studi, che ad oggi rappresentano la maggioranza in Italia. E questo per un motivo squisitamente pratico: l’Italia è composta prevalentemente da piccole e medie imprese che si affidano completamente al commercialista per gestire a tutto tondo gli affari della società. Non è quindi pensabile arrivare all’estremizzazione della specializzazione senza aggregazione, perché si costringerebbero le realtà italiane a rivolgersi a tre/ quattro commercialisti “esperti” per poter gestire la routine aziendale.
L’innovazione è dunque una necessità condivisa anche dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili che negli scorsi anni ha cercato di portarla avanti attraverso diversi progetti, che al momento risultano essere in stand-by dal punto di vista legislativo.
Il problema non è dunque la consapevolezza, che sembra esserci, ma i vari blocchi legislativi, il radicamento al passato (che alle volte emerge prepotentemente) e le innovazioni fiscali che non sempre sono partite nel migliore dei modi (fattura elettronica). Se infatti la fattura elettronica fosse stata introdotta nel sistema fiscale italiano al massimo della suo operatività e potenzialità avrebbe sicuramente dato uno scossone all’intera categoria. E a dirlo erano stati gli stessi commercialisti. Nel 2018 infatti si temeva che la e-fattura potesse “rubare” il lavoro ai professionisti. Eppure così non è stato. Anzi, le sue imperfezioni, dovute alla foga di volerla fare entrare in vigore il 1° gennaio 2019, hanno dato ancora più lavoro ai commercialisti stessi.
Un bene dunque. E invece no. Per Miani in questi anni c’è stato un proliferare di adempimenti anti evasione che hanno “aumentato a dismisura il lavoro del commercialista, senza che a ciò corrispondesse un aumento del fatturato”. Questo ha fatto sì che “i commercialisti non si potessero concentrare su altre attività di specializzazione”. E dunque i non progressi innovativi della categoria sarebbero stati causati anche da un’Agenzia delle entrate che da troppo lavoro ai commercialisti, non permettendogli di concentrarsi su altro.
Colpa o non colpa l’innovazione va avanti senza guardare troppo ai responsabili o a cosa si sarebbe potuto fare se… E se il commercialista del futuro fosse sostituito da un robot?