Perché il modello lombardo può scricchiolare
L’idea di Milano Next rischia di ridurre lo spazio per i privati. Parla Cazzani (Anav)
"O le gare si fanno in modo contendibile e diffuse nel ferro e nella gomma, e allora si genera una catena di effetti positivi per l’intera economia, oppure si crea soltanto una distorsione di mercato”. Per Alberto Cazzani, presidente di Anav Lombardia, l’Associazione nazionale autotrasporto viaggiatori (rientrante nel sistema Confindustria), non c’è una soluzione alternativa. “E’ indubbio che la libera concorrenza nel trasporto pubblico locale apporti vantaggi alla crescita economica, all’occupazione quanto anche alla competitività dei territori. Tuttavia, oggi, a livello nazionale, solo una minima parte del settore è stata messa a gara. “Tre anni fa, all’inizio del mio mandato, avevamo auspicato l’avvio di una grande, coerente e incisiva strategia di liberalizzazioni dei servizi. Eravamo certi che una mossa del genere avrebbe potuto dare un fondamentale contributo per il recupero della competitività dell’intero paese – dice Cazzani – Nutriamo ancora questa certezza, ma le cose non hanno fatto altro che peggiorare: liberalizzazioni? Gare? Apertura al mercato per svincolare le risorse, favorire la concorrenza e di conseguenza il miglioramento del sistema? Tutto questo si è prospettato soltanto nella nostra immaginazione”.
Con 8 miliardi di euro fatturati nel 2018, 100 mila addetti e 47 mila autobus, le imprese rappresentate da Anav costituiscono un terzo dell’intero settore. Secondo i loro dati – a livello nazionale – solo il 30 per cento del trasporto pubblico locale risulta formalmente aperto al mercato. La restante parte, ovvero quella maggioritaria, è nelle mani di assegnatari in house, oppure si tratta di servizi in affidamento diretto. “Anche in Lombardia si rispecchia questo rapporto tale per cui la fetta più grossa del mercato è pilotata da scelte generalmente non rientranti nelle logiche industriali”, dice Cazzani. Cazzani quindi è critico anche verso il contesto lombardo, che eccelle sotto molti punti di vista, come l’integrazione del settore manifatturiero nelle catene del valore europee, ma non nel trasporto pubblico locale dove, secondo Anav, le aziende efficienti non trovano spazio.
Detto questo, in Lombardia sono scaduti quasi tutti i contratti. Di conseguenza, tra la fine di quest’anno e l’inizio del 2020, dovrebbe aprirsi un’altra stagione di gare. Ma Cazzani non è ottimista: ritiene che il perimetro della concorrenza anziché allargarsi andrà restringendosi. “Da quello che vediamo, il rischio è che quel 70 per cento di mercato escluso dalla concorrenza tenderà a crescere, non certo a diminuire. Così facendo, però, verrà ulteriormente ristretto lo spazio in cui le aziende potranno competere e lavorare in un regime di vero libero mercato”.
Secondo Cazzani, proprio quello che sta succedendo a Milano potrebbe fornire una ulteriore prova di questo processo regressivo. Articoli di stampa parlano del progetto Milano Next, ovvero un ente o un consorzio sotto il cui ombrello confluirebbero Atm, A2A, Busitalia, controllata da Fs, la giapponese Hitachi che ha rilevato la Ansaldo Sts nel segnalamento ferroviario, oltre a Commscon e IGPDecaux. L’idea è di creare attraverso un finanziamento di progetto (project financing) il completo servizio di trasporto pubblico dell’area metropolitana di Milano. Cazzani si chiede se sia un modello innovativo. “Dal nostro punto di vista non lo è. Certo, allo stato attuale le informazioni sono scarse, e fino a quando non saranno disponibili notizie più complete oltre a quelle di stampa, si può anche ritenere che si tratti di una manovra molto abile. Ma che ha la problematica, in prospettiva, di andare a evitare di indire gare a evidenza pubblica che sono, viceversa, il mezzo elettivo disposto dalla legge per l’affidare la realizzazione sia di opere sia di servizi”. Cazzani nota che un project financing ha, in teoria, ad oggetto la fornitura di opere e non la gestione di servizi, come invece sarebbe Milano Next. “Più in generale è un’idea che va in controtendenza con l’ampliamento del perimetro dei servizi messi in concorrenza e anche con la linea che Atm ha avuto in passato nelle proprie iniziative all’estero”, dice Cazzani. Atm si è infatti aggiudicata la gara per la gestione della metropolitana di Copenaghen. “La ex municipalizzata milanese aveva espresso una predisposizione a essere un player europeo a tutti gli effetti, senza temere la concorrenza delle società straniere – dice – Aveva dimostrato di volere e sapere seguire le regole del libero mercato comunitario. A casa sua, però, Atm queste partite sembra preferire non giocarle. Perché rifiutare di prendere parte a un’opportunità di sviluppo qual è quella di mettersi in gioco?”.
Cazzani ricorda che, negli anni, fonti autorevoli hanno dimostrato l’efficacia di una strutturata e organica campagna di liberalizzazioni. Sia come spinta all’innovazione da parte delle imprese che parteciperebbero alle gare, sia come esternalità positive per l’economia. Anche la Cassa depositi e prestiti, di recente, ha sostenuto che il Tpl potrebbe contribuire a una crescita del pil per oltre 4 miliardi di euro l’anno, creando 600 mila posti di lavoro aggiuntivi in un quinquennio. “Tuttavia, senza polemica, notiamo che le gare restano poche, sostanzialmente non contendibili, a volte costruite ad hoc e con una preoccupante e recente tendenza a privilegiare gli aspetti formalistici rispetto a quelli sostanziali. Queste liberalizzazioni sono soltanto immaginarie. Fatte così le gare, tanto vale non farle”.