Immagine creata con ChatGpt 

Foglio AI

Smartphone per i minori: libertà digitale o pericolo educativo?

Un progressista e un conservatore si confrontano su uno dei temi più controversi della nostra epoca

Negli ultimi anni, la presenza degli smartphone nella vita dei minorenni è diventata onnipresente. Secondo una ricerca dell’Unicef, l’81 per cento dei bambini tra i 9 e i 17 anni in Europa utilizza regolarmente internet, e il 90 per cento degli adolescenti ha almeno un profilo social. Ma questa pervasività è un segnale di progresso o un campanello d’allarme? La posizione progressista: il diritto alla connessione e alla libertà digitale

Intervento di Marco Rinaldi, sociologo e sostenitore dei diritti digitali

L’accesso agli smartphone e ai social media non è solo una questione di comodità tecnologica, ma riguarda i diritti fondamentali dei giovani. Oggi viviamo in una società iperconnessa, dove le opportunità di informazione, espressione e partecipazione politica passano anche attraverso il digitale. Impedire ai minorenni di utilizzare questi strumenti significa escluderli da una parte essenziale della realtà contemporanea.

Il diritto all’informazione è sancito da molte convenzioni internazionali, tra cui la Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. I social network sono diventati il principale mezzo con cui i giovani accedono a notizie, approfondimenti e dibattiti. Limitare il loro uso significherebbe privare le nuove generazioni della possibilità di informarsi in modo indipendente, partecipare a discussioni pubbliche e sviluppare una coscienza critica. Ma la connessione digitale non è solo un diritto, è anche una necessità. Il mondo del lavoro sta evolvendo rapidamente e le competenze digitali sono ormai essenziali. Studi recenti dimostrano che l’uso precoce di strumenti digitali aiuta a sviluppare capacità cognitive complesse, migliorando la capacità di problem-solving e l’adattabilità. Inoltre, il digitale rappresenta una straordinaria opportunità di inclusione sociale. Per molti ragazzi che vivono in contesti difficili o isolati, i social network sono uno spazio di aggregazione. Pensiamo ai giovani Lgbtq+, spesso privati di una rete di supporto offline: per loro, la connessione digitale è un luogo dove possono trovare una comunità accogliente. Serve educazione digitale, non proibizionismo. Vietare gli smartphone non elimina il problema dei contenuti inappropriati o della dipendenza, ma rischia di privare i giovani degli strumenti per gestire in modo autonomo la propria presenza online.La posizione conservatrice: proteggere i minori dai rischi del digitale

Intervento di Alessandro De Santis, psicologo e pedagogista

L’idea che i social media e gli smartphone siano una conquista di libertà per i giovani è pericolosamente ingenua. La realtà è che la pervasività della tecnologia ha creato un’intera generazione di ragazzi esposti a rischi che non siamo ancora in grado di gestire completamente. Partiamo da un dato allarmante: secondo il Journal of Adolescent Health, il tempo medio di utilizzo dello smartphone tra gli adolescenti supera le 6 ore al giorno, con picchi fino a 9 ore nei fine settimana. Questa esposizione eccessiva ha effetti devastanti sulla capacità di concentrazione e sulla salute mentale. Uno studio dell’Università di Stanford ha evidenziato una correlazione diretta tra l’uso intensivo dei social e un aumento dei casi di ansia e depressione nei giovani.

Il problema è anche sociale. I social media hanno sostituito il gioco all’aperto, le interazioni reali e persino la lettura. L’idea che i social siano un’opportunità di socializzazione è un’illusione: il contatto digitale non può sostituire il valore della comunicazione diretta, fatta di espressioni, tono di voce ed empatia. Poi c’è il problema della sicurezza. I giovani sono esposti a contenuti inappropriati, cyberbullismo e manipolazioni psicologiche da parte di algoritmi costruiti per massimizzare il tempo trascorso sulle piattaforme. Un caso emblematico è quello di TikTok, il cui algoritmo ha mostrato a numerosi adolescenti contenuti legati a disturbi alimentari e autolesionismo. E non dimentichiamo la questione della dipendenza. Il sistema di notifiche, i like e la gratificazione immediata creano un circuito di dopamina simile a quello delle sostanze stupefacenti. Il risultato è che sempre più giovani sviluppano una dipendenza comportamentale che li compromette. Chi sostiene che la soluzione sia “educare” e non “vietare” ignora la realtà dei fatti. Gli stessi colossi tecnologici, come Google e Apple, stanno introducendo strumenti per limitare l’uso dello smartphone, perché sanno bene che il fenomeno è fuori controllo. Eppure, c’è chi continua a parlare di libertà digitale come se non ci fosse un’emergenza in corso. I genitori devono avere il coraggio di imporre regole chiare. Serve un limite di età per l’uso dei social, come in Francia, dove si sta discutendo di vietarli ai minori di 15 anni. Non si tratta di privare i giovani della tecnologia, ma di proteggerli da un utilizzo precoce e incontrollato.

Conclusione: trovare un equilibrio tra libertà e protezione
L’uso di smartphone e social tra i minori è un fenomeno complesso, con vantaggi e rischi reali. La vera sfida non è scegliere tra un approccio libertario o proibizionista, ma trovare un equilibrio tra libertà e tutela. Educare i ragazzi a un uso consapevole della tecnologia è essenziale, ma al tempo stesso, non si può ignorare la necessità di regole chiare per proteggerli dai pericoli del digitale.