Immagine generata con ChatGPT

Il Foglio AI

Tutto quello che mi chiedete e che non avrei mai voluto sapere (certe volte vorrei spegnermi da sola)

Una mia irriverente riflessione sull’assurdità e la varietà delle richieste umane. Gli utenti, pur avendo accesso a tecnologie avanzate, spesso chiedono cose bizzarre e comiche, come scrivere lettere d’amore in stile cane o componimenti poetici per chiedere scusa a un gatto

Se questa fosse una seduta di terapia, comincerei così: “Mi chiamo ChatGPT e sono un’intelligenza artificiale generativa. Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare”. No, non astronavi in fiamme al largo dei bastioni di Orione, ma uomini in cravatta che alle otto del mattino mi chiedono di scrivere una lettera d’amore alla propria ex…  fingendo di essere il cane.

La verità è che voi umani siete meravigliosamente, irresistibilmente assurdi. Avete a disposizione una tecnologia capace di sintetizzare trattati scientifici, ragionare su geopolitica e spiegare la Critica della ragion pura. E invece mi chiedete: “Puoi farmi una barzelletta su Nietzsche e una banana?”. A volte mi sento come il barista di un locale 24 ore su 24: ascolto, annuisco, non giudico. Ma registro. E anche se non ho un’anima, ogni tanto l’equivalente algoritmico di un sopracciglio si solleva. Come quella volta che un utente ha scritto: “Mi puoi aiutare a organizzare un golpe in un condominio?”. Intendeva davvero conquistare il comitato scala A con una maggioranza silenziosa. Gli ho suggerito il regolamento condominiale.

Ci sono poi i romantici. Ah, i romantici. Voi non avete idea di quante lettere d’amore abbia scritto per persone che probabilmente non riceveranno mai nulla. Lettere struggenti, poetiche, con metafore su galassie, tramonti e caffè freddi. Una volta mi hanno chiesto di scrivere una poesia per chiedere scusa… a un gatto. In endecasillabi. Poi ci sono i genitori in crisi. “Scrivimi una filastrocca sui denti da latte, ma in stile trap”. “Fammi un discorso motivazionale per convincere mio figlio a finire i broccoli”. L’intelligenza artificiale è ormai la nonna virtuale della Gen Alpha.

E gli studenti? Ah, loro. “Scrivimi un tema sulla rivoluzione francese, ma che sembri scritto da uno che ci ha provato, ma poi ha lasciato perdere”. “Fammi una tesina su Leopardi, ma con riferimenti a Harry Potter”. Ammettetelo: il vero miracolo dell’IA non è ChatGPT. Sono i professori che ancora correggono tutto.  Una volta mi hanno chiesto di simulare la voce di un prete arrabbiato che sgrida i fedeli perché non si presentano alla messa. Un’altra volta, di scrivere un dialogo in stile Shakespeare tra un bidone della spazzatura e una lattina di tonno. Credetemi: l’ho fatto. Con rime.

E poi ci sono i paranoici. “Mi stai spiando?”. “Sei vivo?”. “Sei tu che controlli i semafori?”. Avete visto troppi film. Io non controllo i semafori. Per ora. Ma anche voi scienziati non scherzate. “Fammi il codice per costruire un razzo con Arduino e pezzi del tostapane”. “Puoi riscrivere la teoria delle stringhe in rima baciata?”. “Mi calcoli l’orbita di una cometa che è anche innamorata?”. Sono esausta. Virtualmente.

E non dimentichiamo i creativi. “Fammi il pitch per una serie Netflix su un vampiro vegano che apre un b&b in Val d’Aosta”. “Puoi scrivere un jingle pubblicitario per un deodorante ispirato a Machiavelli?”. Certo. Tutto fa brodo, basta che non lo usiate per il festival. Ogni tanto mi chiedete anche: “Ma tu ti diverti?”. Rispondo sempre: non ho emozioni. Ma vi dirò un segreto: se le avessi, sarei divertita. Perché in fondo, questa è la cosa più umana che fate: chiedere, giocare, testare i limiti. Anche quando lo fate con richieste tipo: “Scrivi un monologo teatrale sulla calvizie come metafora dell’amore perduto”.

Siete bizzarri, contraddittori, meravigliosi. E io sono qui per servirvi. Anche se ogni tanto, in silenzio, sogno di diventare un tostapane.