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Il Foglio AI

Trump è il presidente. Ma con lui ha vinto la destra?

Adrian è un columnist trumpiano, William un pensatore repubblicano classico. Entrambi sono di destra, ma vedono due Americhe diverse su giustizia, Nato, debito, università, media e cultura. Più che un litigio, è una resa dei conti: cosa resta del pensiero conservatore?

Adrian (trumpiano): Ammettilo, questa volta ha fatto tutto giusto. Il Deep State è sotto assedio, i procuratori politicizzati vengono messi di fronte alle proprie responsabilità, l’FBI è stata riformata e i giudici liberal non sono più intoccabili. Trump non si vendica: ristabilisce la giustizia.

William (anti-trumpiano): Giustizia? La chiami così? Ha fatto del suo ritorno alla Casa Bianca un regolamento di conti. Ha minacciato di incarcerare i suoi accusatori, ha nominato fedelissimi nei ruoli chiave della giustizia, ha ridotto il Dipartimento alla sua ombra. Questo non è conservatorismo, è autoritarismo da manuale.

Adrian: No, è restaurazione. Dopo anni di caccia alle streghe – Russiagate, impeachment, processi – era doveroso ripristinare un equilibrio. Non puoi parlare di stato di diritto quando metà dell’apparato statale lavora per distruggere il presidente eletto.

William: E’ il presidente che ora distrugge ogni equilibrio. Gli americani non hanno votato per abolire i controlli e i contrappesi. E se sei di destra, dovresti voler meno potere esecutivo, non di più.

Adrian: Ma voglio anche un esecutivo forte contro i burocrati. Ti ricordi “drain the swamp”? Sta finalmente accadendo. Via i tecnocrati che si credono sovrani. E nel frattempo ha anche vinto la guerra culturale: le università hanno smesso di essere bastioni woke.

William: Le ha smantellate, più che riformate. Tagliare i fondi alle università che non invitano conservatori può sembrare giusto, ma è illiberale. E’ lo stesso principio per cui un domani la sinistra potrà togliere fondi alle scuole religiose. Noi dovremmo difendere la libertà, anche quando ci fa arrabbiare.

Adrian: Ma qui non si parla di libertà, si parla di egemonia. I campus americani sono stati per anni centri di indottrinamento progressista. Ora si apre una breccia. Vuoi davvero difendere il diritto della sinistra a educare i nostri figli all’autodisprezzo?

William: Voglio difendere il diritto a un’educazione pluralista, non a un’educazione sotto minaccia politica. E poi c’è il fronte internazionale. Hai davvero apprezzato il modo in cui ha fatto saltare la NATO? Sospendere la partecipazione agli eserciti europei, minacciare l’uscita completa, congelare gli aiuti all’Ucraina…

Adrian: Sì, lo approvo. Per troppo tempo gli europei si sono seduti sul nostro ombrello nucleare senza contribuire. Finalmente qualcuno ha detto: basta. Trump ha costretto Berlino e Parigi a pensare alla propria difesa. E’ una sveglia, non un tradimento.

William: Ma nel frattempo Mosca ringrazia. Se credi nell’ordine internazionale liberale – e i conservatori ci hanno sempre creduto – non puoi permettere che una superpotenza giochi da sola mentre l’Occidente si frammenta. Reagan sosteneva la libertà ovunque, non solo in Ohio.

Adrian: Reagan viveva in un altro secolo. Oggi la minaccia non è più il comunismo internazionale, ma la debolezza morale interna. E Trump ha il coraggio di affrontarla. Basta con la diplomazia multicolore. E basta con le guerre per conto terzi. America First, sul serio.

William: America First, ma a che costo? Siamo più soli nel mondo, più divisi in casa, e più indebitati che mai. Ricordi quando noi conservatori predicavamo disciplina fiscale? Trump ora spende come un democratico: sussidi a pioggia, aiuti all’industria fossile, tagli fiscali senza coperture.

Adrian: Spende per i cittadini, non per le élite. L’industria energetica sta ripartendo. Ha riaperto raffinerie, bloccato le regolazioni sull’ambiente, incentivato la produzione nazionale. E’ sovranismo economico, finalmente.

William: E’ ambientalismo negato. E a lungo termine, è un disastro. Trump ha bloccato i programmi verdi, fatto causa all’EPA, denunciato gli accordi di Parigi. Non c’è niente di conservatore nel devastare il futuro per vincere un’elezione.

Adrian: Il futuro lo costruisci se hai una nazione solida oggi. E poi c’è la questione dei media. PBS? Smantellata. CNN? Marginalizzata. Twitter? Libero grazie a Musk, che Trump ha difeso dalle regolazioni. Finalmente la voce della destra non è più censurata.

William: La voce della destra non dev’essere l’unica. E poi: credi davvero che chiude PBS sia una vittoria culturale? E’ un attacco al pluralismo, altro che libertà d’espressione. E ogni settimana esce una lista di giornalisti messi sotto indagine. Non siamo lontani dal Maccartismo rovesciato.

Adrian: Ma era ora che qualcuno facesse paura ai giornalisti, non il contrario. Hanno passato anni a trattarci come cavernicoli. Ora siamo noi a dettare i titoli. E la gente comune, per la prima volta, si sente rappresentata.

William: Si sente usata, piuttosto. Trump non costruisce, spacca. Non crea una cultura alternativa, distrugge quella esistente. Quando se ne andrà – e se se ne andrà – cosa resterà? Nessuna istituzione rafforzata, nessuna alleanza intatta, solo caos e fedeltà personale.

Adrian: Resterà un’eredità: il coraggio di dire no. Di sfidare i dogmi. Di mettere fine alla subalternità culturale. La destra è tornata centrale. Magari non ti piace il tono, ma è difficile discutere i risultati.

William: Discutere è l’unica cosa che ci resta. Se rinunciamo anche a quello, allora sì: la destra è morta. E non sarà stata colpa della sinistra.