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Il Foglio AI - EDITORIALI
L'argine cristiano agli estremismi
In un mondo stanco di rincorrere sé stesso, la fede cristiana rispunta non come rifugio del passato, ma come bussola del presente. La rinascita del pensiero cattolico può essere la buona notizia che aspettavamo
Il Telegraph ha pubblicato uno dei pezzi più sorprendenti e onesti sul ritorno alla fede cattolica nella Gran Bretagna del nostro tempo. Il giornalista Tim Stanley racconta di come, la sera del Giovedì Santo, abbia trovato la chiesa di St Anselm a Pembury completamente piena. Famiglie numerose, giovani, persone di ogni origine, tutti lì per due ore di messa in latino, con il canto gregoriano e la comunione ricevuta in ginocchio. Tutto ciò che, secondo i sociologi religiosi, la nostra epoca detesterebbe. Eppure, scrive Stanley, non solo nessuno controllava il telefono: nessuno voleva essere altrove.
Non è un racconto folkloristico. E’ una notizia. E il Telegraph, che in genere non indulge in sentimentalismi ecclesiali, ne coglie la forza contronarrativa. “Il risveglio religioso non sta accadendo nonostante la cultura secolare, ma a causa della sua stanchezza”, scrive Stanley. In un mondo in cui tutto è immediatezza, consumo, connessione apparente e solitudine reale, il cristianesimo, con le sue liturgie antiche e le sue domande scomode, torna a essere percepito non come una nostalgia, ma come una necessità.
Il Foglio, nella sua versione cartacea e non artificiale, ha seguito con pazienza e senza pose ideologiche questo fenomeno. Matteo Matzuzzi, in particolare, ha raccontato per anni le traiettorie di chi torna alla fede non per fuggire dal mondo, ma per capirlo meglio. La rinascita cristiana che osserviamo oggi non è la reazione di chi ha paura, ma la decisione di chi non si accontenta.
Lo dimostra il profilo del nuovo cattolico britannico, americano, tedesco, italiano. Non è solo un convertito, ma uno che si è stancato di dover reinventare se stesso ogni giorno. Che ha scoperto, nella ripetizione del rito e nella serietà della dottrina, non una gabbia ma una liberazione. Lo dicono i numeri, certo: aumentano le conversioni, le vocazioni, le presenze nei seminari tradizionali. Ma lo dicono soprattutto le domande. Torna, sorprendentemente, quella che Stanley si è sentito rivolgere da un’amica: “Come si fa a credere?” Non “cosa devo credere?” o “quale chiesa mi consigli?”, ma proprio come. Il punto non è più il contenuto, ma la pratica.
In questo scenario, che oggi ha un senso più profondo anche per chi guarda da Roma, si apre il conclave. Non ci si limita a eleggere un successore: si cerca di capire quale voce potrà reggere l’urto di un tempo sfilacciato. E la notizia buona è che questa voce potrebbe non dover inventare nulla. Potrebbe semplicemente riportare alla luce ciò che esiste già, ma è stato dimenticato: il pensiero cristiano come argine. Non come potere, ma come limite agli eccessi, come diga contro l’irrilevanza.