Medardo Rosso, malato in ospedale, 1889. Foto di Paolo Monti.

Medardo Rosso. Come fare a toccare le ombre

Medardo Rosso

Le parole dell'artista: “Tutti gli altri hanno sempre visto per il toccare. Non hanno mai rispettato la luce e il colore, pur di far le robe per i ciechi. Ma io tocco o non tocco? E ho detto non tocco”

S’eri giuvan e ho capì che rien, niente è materiale nello spazio quindi tutto è relativo. Minga ho avù bisogn della filosofia del professor Einstein. Mi l’ho dit prima dell’83. Una emozione è più o meno forte, ma è sempre un’emozione. Qui c’è un’ombra, non posso mica toccarla. Qui c’è un colore non posso mica toccarlo. Dunque tutto riflesso e tutto effetto è relativamente. L’è sta quarant’anni fa.

Stavi a Milan. Minga ho avù bisogn d’andà a Paris. L’è sta un caso. Un giorno son sta a lavurà a l’Accademia Belle Arti. Ci sono scalini che sono nel muro sotto le finestre. Ero lì in queste sale di statue, e dicevo, bisogna bisogna che faccia qualche cosa; era per prendere qualche soldo. Ero capace di far niente; continuavo a guardare questa roba, drole, che mi pareva meno di un giocattolo, fatta come a voler mettere delle fuggevolinuvole sopra a un tavolo. Tu comprends! Come più tardi ho veduto la Cappella Medicea che non mi diceva niente. In quel moment vedo passare una coppia là sul paviment. Guardavo e vedevo che il pavimento, creduto piatto per il marciare sopra materiale, si alzava, veniva avanti, era come un tono e quelle persone si spiegavano per una opposizione su quella tonalità. Questa ombra che si lasciavano dietro la faceva una roba granda. Io dicevo: “Ci ho ragione, non so perché”. Lascio e scappo a un’altra finestra perché più venivano avanti e più quest’ombra restava sacrificata, non mi faceva effetto. L’ombra parlava più di uno di loro in quel momento col suo tono. Altra finestra e guardi. Dico ho ragione. Se io discendo vado là credo di poter toccare quei colori, di prenderli con la mano come sempre tutti han creduto; ma se faccio per prendere quell’ombra per terra non posso; ed è un tono che esiste come gli altri, guidato dalla mia emozione che mi dà tutti quei toni, dunque non prendo nemmeno gli altri toni con la mano, dunque tocco e non tocco. Tutti gli altri hanno sempre visto per il toccare. Non hanno mai rispettato la luce e il colore, pur di far le robe per i ciechi. Ma io tocco o non tocco? E ho detto non tocco. E’ un infinito, è un’emozione, è una colorazione. Non tocco. La gente ha sempre creduto di vedere per toccare. Non tocco, non tocco. N’est-ce pas?

 

tratto da Luigi Ambrosini, “Parole di Medardo Rosso”, La Stampa, 29 luglio 1923

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