Quando nel 1914 un ristretto, agguerrito gruppo di intellettuali decise di creare una rivista letteraria per dar voce e statuto alle pulsioni moderniste inglesi, scelse come titolo “Blast”. Un’esplosione che riassumesse le convinzioni vorticiste e identificasse il momento decisivo di un’accelerazione che partiva dalla rivoluzione industriale, entrava impetuosa nel XX secolo con le macchine sempre più veloci, poi gli aerei, per giungere all’immediato pre-guerra. La molla era ben carica, trentatré giorni dopo la pubblicazione del primo numero di “Blast”, l’Inghilterra dichiarò guerra alla Germania. L’acclamata velocità trovò espressione prima nelle arti, per poi essere invasa dalla distruzione bellica, una distruzione mai vista prima dal punto di vista di umano, morale e materiale. Nel 1930, un amico di Mondrian chiese di suggerirgli un titolo per una nuova, piccola rivista che intendeva pubblicare: “STOP!” gli propose l’artista olandese, “perché tutto sta andando troppo veloce”. Queste parole davano voce alle sue tele che cercavano di fermare il tempo al fine di raggiungere un equilibrio assoluto tra sensi e natura. Siamo all’indomani della crisi del 1929, dovuta anche a una rapida ripresa dalle ferite di guerra, e la soluzione a questa ripetuta velocità sembra essere il bisogno di dover rallentare. Di tale bisogno ne abbiamo letto e soprattutto sentito durante questi mesi di fermo e ripartenze a singhiozzo. Consigli (direttive?) più o meno paternalistici, spesso moralizzanti, su come usare il nostro tempo, sul dovere di cogliere un’occasione unica per apprezzare il fascino della lentezza, delle piccole cose che ci circondano ma neanche vediamo, persi nel vortice delle nostre faccende. Questa retorica del lento, del delicato e del meditato, quando letta sui social media o sentita a cena assume spesso la forma di una litania new age, una resistenza al tirannico ritmo imposto dal digitale, capro espiatorio dei malesseri del nostro tempo. Essendo abituato a un passo mediamente veloce, generalmente mi affatico di più se mi sforzo a camminare lentamente, adottando un ritmo non mio e di rado trovo particolare piacere in un’andatura blanda e sopita. Ognuno trova l’andamento che scandisce la propria giornata, personalmente distinguo le mie azioni in due velocità estreme, molto veloce e molto lento, con lievi gradazioni in mezzo. La lentezza, per esprimersi al pieno della sua efficacia, dovrebbe essere misurata relativamente a una frequenza, non intesa come valore assoluto.
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