Dal punto di vista dell’architettura, la crisi sanitaria ha un impatto profondo sulla disciplina, evidenziando l’assurdità della standardizzazione dei prodotti immobiliari
L’anno 2020 porta con sé incertezze, sconvolgimenti e interrogativi che ben rappresentano il clima di quest’inizio secolo. Dal punto di vista dell’architettura, la crisi sanitaria ha un impatto profondo sulla disciplina. Ben oltre le risposte immediate e le ripercussioni pratiche, sorge un interrogativo fondamentale: se la categoria del tipo funzionalista sembra tramontare definitivamente, come pensare lo spazio in divenire? Come pensare spazi capaci di accogliere l’imprevedibile, l’indeterminato e il paradossale che contraddistinguono la nostra epoca? Quatremère de Quincy formulò la nozione di tipo a partire da un’idea semplice: ogni architettura deve rispondere a un principio elementare. Per i teorici dell’epoca, il tipo non doveva fornire un modello da imitare ma stabilire una regola, un’idea fondatrice e primaria a partire dalla quale l’oggetto architettonico avrebbe potuto declinarsi in infinite variazioni. Le definizioni di tipo e gli ambiti d’applicazione del discorso tipologico – che consiste nello studio e nella classificazione dei tipi – si sono evoluti e adattati, nel corso del tempo, in funzione delle priorità e delle aspettative sociali.
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