Leggo su Sfera, rivista culturale degli anni 90, di un’antica leggenda canadese che racconta di come le acque dei Grandi Laghi erano popolate da una fauna ittica fornita di pelliccia. Negli ultimi decenni del ’900, il signor Jobe di Sault Sainte Marie, nell’Ontario, cerca di fare diventare reale la leggenda e l’immaginario popolare. Nel suo laboratorio imbalsama alcuni tipi di pesci, prevalentemente trote, per ricoprirli poi con un folto strato di pelo di coniglio. Come ultimo tocco di credibilità, diffonde un’originale tesi parascientifica secondo cui la crescita del pelo sarebbe connessa alla temperatura molto rigida delle acque dei laghi. Le creature di Jobe sembrano talmente reali da ingannare la buona fede di un ricercatore che all’inizio degli anni 70 porta un esemplare di “trota di pelliccia” al museo di Edimburgo. Ma il museo, subodorando un inganno, ne rifiuta l’acquisizione. Nel frattempo, però, la notizia dell’esistenza di queste creature lacustri ha raggiunto una tale diffusione che il museo è costretto a cedere alle pressanti richieste del pubblico e ricrea nei propri laboratori un esemplare identico per soddisfare la curiosità dei visitatori.
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