fauna d'arte
L'arte ribalta il pensiero. Intervista a Dario Pecoraro
"Lo studio è un luogo sacro, intimo, dove posso concentrarmi ed esprimermi, restituisce la mia storia personale e professionale. E serve a condividere idee ed esperienze"
Fauna d'arte è una ricognizione intergenerazionale sugli artisti attivi in Italia. Ci facciamo guidare nei loro studi per conoscere dalla loro voce le opere e i modi di lavorare e per capire i loro sguardi sull’attualità. Il titolo si ispira a una sezione di Weekend Postmoderno (1990), il romanzo critico con cui Pier Vittorio Tondelli ha documentato un decennio di cultura e società italiana. A differenza del giornalismo e della saggistica di settore, grazie a “Fauna d’arte”, Tondelli proponeva uno sguardo sull’arte contemporanea accessibile e aperto, interessato a raccontare non solo le opere ma anche le persone, il loro modo di vivere dentro l’arte.
Oggi questo approccio ci permette ancora di parlare degli artisti, ma in futuro anche delle altre figure professionali come critici e curatori, galleristi e collezionisti, con lo scopo di restituire la complessità di un sistema attraverso frammenti di realtà individuali.
Nome: Dario Pecoraro
Luogo e data di nascita: Milano, 07/10/1984
Galleria di riferimento e contatti social: Instagram: dario_pecoraro
L'intervista
Intervista in collaborazione con Giulia Bianchi
Che cosa significano lo spazio e il tempo in pittura?
Penso che si tratti di una straordinaria dicotomia dove il terzo escluso, ovvero l’osservatore, ne diventa il catalizzatore. Esistono più livelli spazio-temporali legati all’opera d’arte, specialmente alla pittura. Ricordo che tempo fa a Cortona, nel Museo Diocesano, ho avuto l’occasione di vedere l’Annunciazione dipinta da Beato Angelico, a mio avviso la più bella della storia dell’arte italiana. Le proporzioni delle figure rispetto all’architettura, il gioco prospettico nonché il ritmo dei volumi, il dentro-fuori dei protagonisti, i vari livelli di “penetrazione visiva”, i colori... tutto questo formava uno spazio-tempo pittorico incredibile. Eppure, la posizione dell’opera non mi permetteva di vedere i dettagli, cosa che al pittore stava particolarmente a cuore; l’illuminazione, la distanza focale erano forzati. La mattina successiva, visitando la chiesa di San Domenico, dove l’opera era stata esposta per lungo tempo, ho capito che la mia tesi era corretta: Beato Angelico l’aveva pensata per essere vista a una altezza minore rispetto a quella attuale, più da vicino, immersa nella luce naturale, decisamente più tenue.
Oggi qual è la funzione dell’arte?
Credo che l’arte sia lo strumento più efficace per poter ribaltare il pensiero. Per esempio, Tiepolo, in “Mondo Novo”, una meravigliosa pittura murale realizzata nella sua casa privata, rappresenta i personaggi di spalle. Grazie a un inedito punto di vista, l’artista ci catapulta lì, in mezzo alla calca che osserva qualcosa all’interno di un capanno, creando una curiosità quasi irresistibile. Quest’opera è del 1791, ciononostante riesce a porre degli interrogativi sulla società contemporanea, sviscera le sue peculiarità, le nevrosi.
Come hai iniziato a fare l’artista?
La pittura è sempre stata per me un’esigenza. Ricordo che alle superiori, a un certo punto, mi ero annoiato delle lezioni. Finché un pomeriggio, dopo l’ennesimo sbuffo, ho aperto il libro di storia dell’arte e ho visto le opere di Piero della Francesca. Non riuscivo a staccare gli occhi da quelle immagini: la composizione era strutturalmente perfetta, armonica, leggera; l’artista riusciva a elaborare in modo semplice dei passaggi pittorici complicatissimi. Ero elettrizzato. Ecco, forse il mio percorso è partito da lì.
Quali sono i tuoi riferimenti artistici e teorici?
Non amo soltanto l’arte che si trova nei libri. In Accademia, dove lavoro e insegno, mi confronto quotidianamente con grandi professionisti. Ma soprattutto mi piace viaggiare alla ricerca di tesori nascosti, dalle opere dell’anonimo pittore della Bassa, ai grandi Toscani e Veneti, agli antichi, e poi agli spagnoli, ai fiamminghi… Insomma, una storia dell’arte intima e trasversale. Ma un ricordo speciale lo rivolgo a Claudio Olivieri, che è stato un maestro e un amico.
A che cosa stai lavorando?
Sono abbastanza lento nella produzione, pertanto sviluppo diversi lavori in simultanea. Fra pochi giorni, alla Triennale di Milano, inaugurerà una grande mostra sulla pittura italiana (curata da Damiano Gullì) dove presenterò un dipinto della serie “Imperatrice”. Si tratta di un olio su lino di grandi dimensioni. Ci sono voluti quattro anni per dipingerlo.
Com’è iniziata e come si è evoluta questa serie?
Il punto di partenza è una fotografia trovata in un mercatino, scattata a Londra negli Anni Settanta, che ritrae una ragazza africana, probabilmente una modella, che indossa un vestito sfarzoso, tipo un costume di scena. La serie è nata nel 2016 e mi ha portato a realizzare pitture di varie dimensioni, oltre a disegni e incisioni. La figura dell’Imperatrice mi ha ossessionato al punto da essere diventata motivo di riflessione sulla rappresentazione del potere, sui simulacri. Poi questo processo di ricerca mi ha spinto verso altri soggetti, come i babbuini e i leoni, che rimandano ad altrettante forme di potere: da quello gerarchico a quello psichico-persuasivo, a quello economico e via dicendo.
Che cos’è per te lo studio d’artista?
Lo studio è un luogo sacro, intimo, dove posso concentrarmi ed esprimermi. Mi permette di riflettere sulla pratica e su me stesso. È un luogo potente. Adoro dipingere e abbozzare in altri contesti, ma alla fine rielaboro tutto lì in mezzo a ciò che restituisce la mia storia personale e professionale. Tuttavia, lo studio non è soltanto una sede deputata al lavoro, alla creazione, dal momento che implica una fase molto importante per me, la condivisione: di idee e di esperienze con le persone a me care.
Le foto dello studio sono state scattate da Dario Pecoraro
Le foto dello studio sono state scattate da Dario Pecoraro
Le foto dello studio sono state scattate da Dario Pecoraro
Com’è organizzata la tua giornata di lavoro?
Dedico alcune giornate all’analisi di materiali o alla lettura di libri e cataloghi, altre mi focalizzo sull’esecuzione. Non ho una regola. Certo è che un lavoro stabile, a tempo pieno, e gli impegni con la famiglia possono essere difficili da conciliare con il “mestiere dell’artista”. Per fortuna, nel mio caso, tutto ha contribuito a rinforzare le motivazioni, ad avere più consapevolezza; ma soprattutto a capire che la ricerca è un momento privilegiato per assorbire gli stimoli e gli immaginari altrui.
Le opere
Imperatrice, 2019-2023, 295 x175 cm, olio su lino
36°4’19”N, 27°55’48”E
Santa Chiesa della Dormizione della Vergine, Asklipio, Rodi, Grecia
Imperatrice, 2018-19, 90x55 cm, olio su lino
45°26’42.3”N, 10°59’58.6”E
Chiesa di Santa Anastasia, Verona, Italia
I cani dell'inferno, 2022, 145x113 cm, matite colorate, matita a olio, sanguigna, grafite, nastro adesivo su carta copiativa
35°16'18.7"N, 23°42'31.7"E
Grotta dei 99 Padri, Azogires, Paleochora, Grecia
Mandrillo, 2019, 69x41,5 cm, pastello a olio su stampa fotografica blueback
45°45'27.9"N, 8°51'52.7"E
Museo della Collegiata, Castiglione Olona, Va, Italia
Lion skin, 2018, 40x30 cm, olio e acrilico su tela
41°44’34.22”N, 13°09’43.09”E
Cripta di San Magno, Chiesa di Santissima Maria Annunziata, Anagni, Fr, Italia
Lion skin, 2018, 29,7x21 cm, pastello a olio su carta
45°53’28.91”N, 9°56’54.07”E
Oratorio dei Disciplini di San Bernardino, Clusone, Bg, Italia
Ad bestias (teste di leone n1), 2018, 68,5x77,5 cm, pastello a olio su velluto applicato su carta
41°08’27.6”N, 8°36’57.6”W
Chiesa Monumentale di San Francesco, Porto, Portogallo
La danza dei corvi, 2015, 29X20,3 cm, pastello a olio e olio su carta cotone
45°27′45.84″N, 9°11′15.9″E
Chiesa di Santa Maria presso San Satiro, Milano, Italia
Illinois, 2010, 69,8X47,7 cm, pastello a olio, inchiostro, grafite su carta nepalese
45°41′48.42"N, 9°50′51.4″E
Cappella Suardi, Trescore Balneario, Bg, Italia
Nature in a room, 2009, 140,5x302 cm, inchiostro e grafite su cartone
41°35′35.5″N, 1°50′13.7″E