fauna d'arte
Avventurarsi nelle zone di confine tra mondo fisico e virtuale con Alessandro Sambini
"La funzione dell’arte oggi per me è costruzione di sogni lucidi, adatti all’attivazione di processi autonomi di socio-sintesi. L’intelligenza artificiale? Un interessante groviglio da esplorare sapendo però che è un pupazzo che noi stessi animiamo"
Fauna d'arte è una ricognizione intergenerazionale sugli artisti attivi in Italia. Ci facciamo guidare nei loro studi per conoscere dalla loro voce le opere e i modi di lavorare e per capire i loro sguardi sull’attualità. Il titolo si ispira a una sezione di Weekend Postmoderno (1990), il romanzo critico con cui Pier Vittorio Tondelli ha documentato un decennio di cultura e società italiana. A differenza del giornalismo e della saggistica di settore, grazie a “Fauna d’arte”, Tondelli proponeva uno sguardo sull’arte contemporanea accessibile e aperto, interessato a raccontare non solo le opere ma anche le persone, il loro modo di vivere dentro l’arte.
Oggi questo approccio ci permette ancora di parlare degli artisti, ma in futuro anche delle altre figure professionali come critici e curatori, galleristi e collezionisti, con lo scopo di restituire la complessità di un sistema attraverso frammenti di realtà individuali.
Nome: Alessandro Sambini
Luogo e data di nascita: Rovigo, 02/01/1982
Galleria di riferimento e contatti social:
Galleria Michela Rizzo, Venezia
L'intervista
Intervista in collaborazione con Giulia Bianchi
Com’è organizzata la tua giornata di lavoro?
Ultimamente passo il tempo accumulando appunti sul quotidiano che mi sembra davvero caotico. All’uscita 24 ce sta la post-pandemic-warzone-AI-digitine: un glomo intricato di stimoli, ragioni, vedute e azioni da imbastire. Tutto questo mi porta a riflettere costantemente sui prossimi passi rispetto alla mia ricerca e nel frattempo insegno, oppure lavoro a progetti commerciali fotografici, musicali o video.
In che modo hai iniziato a fare l’artista?
Credo di aver iniziato accettando di considerare l’attività principale della mia giornata come un’attività strutturale non eludibile e non un passatempo. A livello pratico, ho anche stabilito che la scrivania dove mi sedevo, l’ambiente che abitavo erano “il mio studio”, ancor prima che casa. Quindi ho definito un territorio (e un tempo) all’interno del quale sarei stato artista e di conseguenza una disciplina.
Come si manifesta l'ibridazione tra l'umano e il meccanico nel tuo lavoro, e in che modo influisce sul tuo approccio alle immagini?
Avere familiarità con i processi produttivi retrostanti gli apparati visuali che ci circondano (il meccanico) porta a una sofisticazione della parte umana; a volte è un processo controllato, un’ibridazione virtuosa, e diventa strumento di riflessione, a volte invece è fuori controllo e porta a un’avaria. È proprio questa delicata forma di auto-controllo che cerco di gestire e instradare.
Quali sono i tuoi riferimenti visivi e teorici?
A livello visivo sono attirato dai nuovi (e in costante rinnovo) trend che si manifestano su TikTok. Dalle nuove forme vernacolari post-pandemiche che caratterizzano questa fase preistorica. A livello teorico mi interessano molto gli articoli che vengono pubblicati su The Economist, ma ancor più le maniere in cui gli studenti riconvertono il tessuto contemporaneo politico attraverso la loro pratica. Devo dire che per adesso do una precedenza totale alle ri-programmazioni rispetto alle teorie: mi interessa molto discutere su cosa si intende fare oggi o domani mattina e come lo si argomenta rispetto a un ragionamento o a una trascrizione, seppur necessaria, su cosa sia successo ieri. Questo porta a una scarsa sedimentazione di bibliografia e ad una indicizzazione di persone e intenzioni.
In che modo affronti le relazioni tra il mondo fisico e quello virtuale?
Avventurandomi nelle zone di confine, ricreando, attraverso progetti artistici, occasioni di esplorazione di queste zone. Come in The Gallery Revolve 1 e 2 (2020), dove si possono visitare spazi espositivi camminando sulle pareti di una galleria ruotata di 90 gradi, all’interno della quale precipitare. O come in TECNOCOPIA (2022), dove le persone si fotocopiano il volto in realtà virtuale e appendono fotocopie inesistenti a pareti altrettanto fittizie. O come in Ghost Tales (2024), una serie di caccie ai fantasmi in realtà virtuale che includono una dimensione paranormale simulata. Quindi offrendo ai visitatori una possibilità di riflessione autonoma in un contesto preparato per loro ad hoc. A volte invece lo esploro adottando una metodologia simile a quella degli esploratori: attraverso il metaverso pensando ai racconti di William Henry Jackson.
A che cosa stai lavorando?
Sto lavorando a MARIO una performance artistica industriale, dove rivesto il ruolo di un aspirante CEO di un’azienda. MARIO è un progetto che si basa su una domanda di brevetto effettivamente depositata e parzialmente risolta, con un brevetto per modello di utilità. È un’invenzione realizzata assieme a Gilberto Decaro che propone un sistema iper-tecnologico in grado di farci “sentire” quando qualcuno ci ha fatto una fotografia. Oltre a questo, come dicevo in precedenza, calibro una nuova forma di azione rispetto al contesto visivo che mi circonda.
Che cos’è per te lo studio d’artista?
Lo studio d’artista è un luogo dove la logistica è funzionale alla prossemica creativa (per ognuno diversa). Dove un libro è a tiro come lo è il taglierino e il cassetto con gli adattatori hdmi/mini-hdmi. Idealmente è un luogo dove ogni progetto aperto ha un suo spazio ben definito sotto forma di fogli stampati, disegni. Tavoli quindi: superfici e muri allestiti. Idealmente. In totale contraddizione poi, uno studio è qualcosa che non ha mai un indirizzo. Eppure, in questo momento, sto facendo il possibile per estenderlo e per dargli molteplici indirizzi, anche se non mi è chiaro se lo sto spostando, lo sto espandendo o lo sto “testando” in diverse forme per trovare la migliore.
Fotografia di Massimo Pellicciari
Fotografia di Massimo Pellicciari
Fotografia di Massimo Pellicciari
Qual è la funzione dell’arte oggi?
La funzione dell’arte oggi per me è costruzione di sogni lucidi, adatti all’attivazione di processi autonomi di socio-sintesi.
Cosa ne pensi del rapporto tra arte e intelligenza artificiale?
Penso che nell’arte, come in ogni ambito, l’intelligenza artificiale sia un interessante groviglio da esplorare rendendoci però conto che stiamo sempre parlando di un pupazzo a forma di struzzo che noi stessi animiamo come bravi ventriloqui, infilando una mano all’interno e dandogli voce, a volte dimenticando che senza quella cinetica e quella dialettica imposta a monte il pupazzo sfuma. È bello vedere come a volte le persone inizino a limonare con lo struzzo.
Le opere
L’Era dei Giganti, Ear #01, 20 x 40, stampa fine art, 2023. Courtesy Galleria Michela Rizzo.
Human Image Recognition, Francesco Hayez, Maria Stuarda che sale al patibolo, dettaglio #02, 130 x 100, stampa fine art, 2024. Courtesy Galleria Indice.
MARIO, concept art, 2022. Courtesy Galleria Michela Rizzo.
Ghost Tales, flyer, 2024. Courtesy l’artista.
TECNOCOPIA, in-game screenshot, 2022. Courtesy Galleria Michela Rizzo. Ph. Simone Panzeri.
Tara, Are We Still Alive?, installation view, 2018. Courtesy Galleria Michela Rizzo.
Les Vocaux Du Calderara, copertina vinile, 2022. Courtesy l’artista.
Ghè Pronto, Nona, 100 x 130, stampa lambda, 2007. Courtesy Galleria Michela Rizzo e MLZ Art Dep.
The Gallery Revolve 2, screenshot da Unreal, 2020. Courtesy MART- Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto.
L’uomo delle stelle, logo, 2023. Courtesy l’artista.