Fauna d'arte
“Spostare gli sguardi in direzione di luoghi non visti o oscurati”. Valentina Furian e l'arte come faro
La ricerca del non-umano per ritrovarsi al di fuori della confort zone, in un presente in perenne movimento. “Quello che succede in questo tempo passato resta in parte celato allo sguardo pubblico, viene nascosto attraverso il montaggio video e audio; è un tempo in qualche modo privato”
Nome: Valentina Furian
Luogo e data di nascita: Venezia, 1989
Galleria di riferimento e contatti social: UNA galleria,
L'intervista
Com’è organizzata la tua giornata?
Difficile inquadrare la mia giornata in qualcosa di ripetitivo e conforme. Un momento chiave è la mattina, la sveglia è molto presto, indipendentemente dall’orario della notte trascorsa. Le prime luci dell’alba sono il momento più energetico dell’intera giornata. Poi vado in studio, luogo che diventa lo spazio e il tempo della ricerca, della produzione, del montaggio video. Passo molto tempo nei miei disegni, ascolto radio o musica, altre volte ho delle visite in studio. Dedico del tempo a cucinare, un momento rilassato e disteso che diventa spesso condiviso. Poi ci sono i libri, che stanno sempre attorno a me, a volte li leggo a volte mi fanno solo compagnia e anche loro, a periodi, scandiscono la mia giornata. Passo quotidianamente tempo in studio, cerco di starci il più possibile, quando non sono fuori città per mostre, nuovi progetti o viaggi.
A che cosa stai lavorando?
Ho inaugurato a settembre la mia personale Notti Bianche da Xnl | Piacenza. Notti Bianche, curata da Paola Nicolin, arriva a seguito di un periodo a New York. È una mostra di passaggio per la mia pratica artistica, resterà aperta fino al 6 gennaio 2025. In questo preciso momento invece sto lavorando al mio prossimo progetto filmico, a cura di Lorenzo Balbi e Caterina Molteni, che sarà presentato per ArtCity 2025 a Bologna. Sarà un nuovo film che ha a che fare con le caverne, i morsi animali e l’essere inghiottiti. Tornerò nelle grotte assieme al Gsb – Usb, gruppo speleologico bolognese che mi ha insegnato, l’anno scorso, ad abitare il buio ipogeo. E lavoro ad altri progetti e mostre tra New York, Pavia e le Foci del Po’. In questi giorni invece mi trovavo a Torino con il mio film Ciacco, presentato alla mostra Cinema Underground a cura di Irene Calderoni per Artissima alle Gallerie d’Italia.
Qual è la funzione dell’arte oggi?
Credo la sua funzione sia quella di spostare gli sguardi in direzione di luoghi non visti o oscurati, una sorta di faro.
Come affronti il dialogo tra passato e presente nel tuo lavoro artistico?
È una domanda centrale per il mio lavoro con le moving-images. Nella mia pratica il mio personale concetto di passato è fissato al preciso momento del set, della relazione performativa, dell’irripetibilità. Ha a che fare con la parte produttiva legata all’inaspettato, condizione che io cerco spesso nel rapporto con il non-umano. Quello che succede in questo tempo passato resta in parte celato allo sguardo pubblico, viene nascosto attraverso il montaggio video e audio; è un tempo in qualche modo privato. Il presente è invece il ripetersi delle immagini in movimento, che diventano immanenza, è la parte pubblica del mio lavoro. Il presente è l'incontro che fai quando abiti i luoghi delle mie installazioni video, è il tempo del film che davanti allo sguardo si ripete costantemente, fino a che la magia, fatta di luce, diventa buio.
Quali sono i tuoi riferimenti visivi e teorici?
Se dovessi individuare due colonne portanti che mi hanno accompagnata in questi anni le identificherei in: il racconto Funes el memorioso di Jorge Luis Borges e il film La Soufrière - Warten auf eine unausweichliche Katastrophe di Werner Herzog. I riferimenti poi si stratificano ad ogni nuovo progetto, per esempio per Notti Bianche ho cominciato leggendo Remainder di Tom McCarthy. Mi sono poi imbattuta in Buio di Francesca Rigotti e in Survivance des lucioles di Georges Didi-Huberman. Durante questi ultimi mesi ho ascoltato soprattutto Caterina Barbieri, Bendik Ginske. E ho approfondito un po’ il nuovo cinema horror.
Cosa ti ispira nel rielaborare tradizioni popolari ed elementi rituali?
Mi imbatto spesso in queste dinamiche narrative, sarà perché sono nata in provincia e la provincia veneta a me sembra essere basata su di una ripetitività, quasi estenuante, un continuo loop; faccio spesso riferimento ad una ciclicità che segue le fasi naturali: il rituale al quale sono più affezionata, anche nel suo essere estremo, imprevedibile, cangiante e, indubbiamente, il rituale che mi spaventa di più.
Come il rapporto tra umano e animale influenza il tuo percorso artistico?
Sono nata in un paesino vicino a Venezia, tra la laguna sud e la deviazione artificiale del fiume. Quell’ambiente naturale, super antropizzato e molto definito nei suoi limiti, aveva un suo lato misterioso ed esotico: era segnato da una sonorità che non apparteneva a quei luoghi. Vicino alla casa dove sono cresciuta infatti ha sede una sorta di ricovero per grandi felini e il verso di tigri, leoni, pantere, riempiva i silenzi delle mie notti estive, creando quello che diventava il mio prima diorama. Ad ogni nuovo progetto diventava sempre più evidente che il soggetto delle mie ricerche si stesse strutturando su di un dialogo tra il reale e la finzione. Nello spazio di transizione tra queste due diverse forme probabilmente mi trovo a mio agio, nel limite tra ciò che è addomesticato e ciò che è selvaggio. Ho sempre lavorato con il non-umano per ritrovarmi al di fuori dalla mia comfort zone, ed è proprio in questo stato di fragilità che per me ha senso dar forma alle immagini.
Che cos’è per te lo studio d’artista?
Al momento ho uno studio in condivisione con Alessandro Brighetti da 10Lines a Bologna, lo spazio è un hangar molto luminoso, alto e con grandi lucernari. Ha un tiglio in giardino, che non vedo l’ora fiorisca. In realtà negli ultimi due anni sono stata abbastanza nomade, mi è capitato di spostare spesso il mio studio, ho portato il mio lavoro a confrontarsi con dimensioni, luci e suoni diversi. Ogni nuovo studio diventa l’ambiente in cui prendono forma le idee e i pensieri che, solitamente, sorgono altrove, camminando, in treno, al cinema o immersa in un libro.
STUDIO A 10LINES, BOLOGNA, 2024
STUDIO A 10LINES, BOLOGNA, 2024
STUDIO A ISCP, NEW YORK, 2024
In che modo hai iniziato a fare l’artista?
Nel 2010 mi sono iscritta ad Arti Visive e dello Spettacolo all’Università Iuav di Venezia, pensavo di voler lavorare con la scenografia teatrale e cinematografica. Poi ho incontrato Alberto Garutti e ho cambiato idea.
Le opere
Valentina Furian, Notti bianche, 2024, mostra personale da Xnl, Piacenza, It, curata da Paola Nicolin, Ph. Daniele Signaroldi, Courtesy Xnl e l'artista
Valentina Furian, Eclissi ,2024, video sculpture, Ph. Daniele Signaroldi, Courtesy Xnl e l'artista
Valentina Furian, La nostra lunga notte, disegni su plexiglass, Ph. Daniele Signaroldi, Courtesy Xnl e l'artista
Valentina Furian, Centauro , 2023-2024, installation view at Biennale Gherdeina curata da Lorenzo Giusti con Marta Papini, Ortisei, It, Ph. Servillo Tiberio, Courtesy Biennale Gherdeina e l'artista
Valentina Furian, Ciacco, 2021, installazione video, installation view at Recreatures, Mattatoio, Rome, It, curata da Ilaria Mancia, Courtesy Azienda Speciale Pala Expo e l'artista
Valentina Furian, Ciacco, 2021, installazione video, backstage photography, Ph. Zoe Pateriani, Courtesy l'artista
Valentina Furian, 55, 2019, installazione video, installation view at Resisting the trouble, Visio, Schermo dell'arte, Firenze, It, curata da Leonardo Bigazzi, Ph. Federica Di Giovanni, Courtesy Lo schermo dell'arte
Valentina Furian, 55, 2019, installazione video, backstage photography, Ph. Violette Maillard, Courtesy l'artista
Valentina Furian, Cari cani, 2020, mostra personale da una gallery, It, Ph. Daniele Signaroldi, Courtesy Una gallery e l'artista
Valentina Furian, Presente, 2018, installazione video, film frame, Courtesy l'artista e Mambo, Bologna