Lucia Leuci, ritratto 

L'arte per Lucia Leuci: "Deve inquietare, creare fratture nello sguardo"

Francesco Stocchi e Gabriele Sassone

Il potere di distinguere l’autenticità dall’inganno, oltre gli algoritmi. Dall’infanzia tra collage e cartapesta al panorama internazionale. "Non sono poi così diversa da quella bambina che cercava di trasformare l’invisibile in sostanza concreta". Tra scultura, spazio e identità

Nome: Lucia Leuci

Luogo e anno di nascita: Bisceglie, 1977

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L'intervista

Intervista realizzata in collaborazione con Anna Setola

  

Che cos’è per te lo studio d’artista?
Lo studio d’artista è la casa in cui vivo e non potrebbe essere altrimenti; ogni spazio è pensato in funzione del mio lavoro e organizzato in modo da permettermi un continuo sguardo su di esso.

Rimane, così, un ambiente fluido che si adatta e si trasforma. Ciò mi consente di allineare i ritmi di lavoro con quelli della vita quotidiana: posso cucinare continuando a occuparmi di una scultura per poi sedermi allo stesso tavolo, circondata da attrezzi e posate, rifugiarmi a letto durante i tempi di attesa imposti dalle esigenze dei materiali utilizzati e dedicarmi, anche, alla cura delle mie piante tra un disegno e l'altro. Questi momenti di pausa mi permettono di rimanere in sintonia con i progetti che sviluppo senza mai interromperne completamente il flusso, senza frammentarli o distaccarmene troppo.

       

   

Qual è la funzione dell’arte oggi?

L’opera d’arte deve suscitare inquietudine creando fratture nello sguardo di chi la osserva, generando riflessioni e domande sopite. Essendo immersi in contenuti generati dall’AI e in contenuti di bassa qualità, amatoriali e a volte realizzati in contesti casalinghi, è fondamentale che l’arte mantenga il suo potere di distinguere l’autenticità dall’inganno, andando oltre gli algoritmi e preservando, come valore principale, la sua funzione comunicativa.
    

In riferimento alla tua riflessione sul femminile e sul ruolo della donna, il linguaggio artistico cosa ti permette di far emergere?

Le mie opere, spesso, ritraggono figure femminili; ciò avviene in modo del tutto spontaneo e naturale. Esse sono permeate e incarnano una forza dinamica e trasformativa che supera i confini tradizionali e le aspettative sociali prestabilite, evidenziandone la complessità, la resilienza e la capacità di innovare e reinventarsi.

    
A cosa stai lavorando?

A breve terminerà il mio solo show “Il vero riconosce il vero” a cura di Matilde Galletti, presso il Palazzo dei Priori di Fermo. Mi sono dedicata con enorme impegno a ogni fase del processo, dalla stesura del progetto alla definizione dei bozzetti, fino alla loro realizzazione. Si tratta sempre di un iter estremamente faticoso e intenso nel quale mi immergo completamente. Sebbene sia guidata dal mio “lessico creativo”, cerco di ponderare ogni decisione con grande attenzione, spingendomi a superare i limiti e a cercare nuove sfide con dedizione e arrivando talvolta a esserne completamente assorbita. Lo scardinamento delle convenzioni, l’esplorazione di nuovi argomenti, l’utilizzo di tecniche alternative e l’uso di materiali diversi, diventano il mio leitmotiv. Non voglio produrre opere superflue che ripetano altre già esistenti o che siano, semplicemente, un riflesso delle mie creazioni precedenti.

  
Attualmente sto lavorando al group show “Swarożyce”, con la curatela di Michalina Sablik e Magdalena Lazar, che inaugurerà quest’estate al Polish Sculpture Center di Orońsko, un’opportunità che mi consentirà, ancora una volta, di esplorare il linguaggio scultoreo in un contesto internazionale.

 

Inoltre, ho avviato la progettazione della mia prossima mostra personale a Milano, prevista per settembre 2025 presso l’Archivio Atelier Pharaildis Van den Broeck e curata da Barbara Garatti. Si aprirà, così, un capitolo che affronterò con entusiasmo e attraverso il quale avrò la possibilità di indagare nuovi ambiti, analizzando temi a me cari.

 

In che modo lo spazio circostante, i vari ambienti che attraversi e con cui ti rapporti, entrano nei tuoi lavori?

Lo spazio circostante e i vari ambienti che vivo costituiscono i principali punti di partenza di ogni mio progetto. Osservo il periurbano con la sua intensa complessità e le sue continue contraddizioni che sollecitano, in me, il riflesso delle dinamiche sociali, culturali ed estetiche che sono in costante evoluzione. Questa visione si trasforma, così, in un linguaggio tridimensionale che dà forma e forza alle mie opere. Spesso ribalto i piani cartesiani e ciò che nasce orizzontale si trasforma in verticale, e viceversa, creando una distorsione percettiva che richiama la decostruzione degli spazi architettonici. Gli ambienti si contaminano in un gioco di sovrapposizioni tra la dimensione collettiva e quella privata, dissolvendo le divisioni tradizionali per abbracciare una fluidità spaziale. I confini tra gli spazi esterni e quelli domestici si annullano e la separazione tra dentro e fuori si fa sempre più sfumata, facendo riferimento a concezioni architettoniche contemporanee che mirano a integrare il paesaggio con l’abitazione. Il senso collettivo si fa intimo e personale, come se la dimensione urbana, con la sua matrice pubblica, si riflettesse nelle stanze di una casa, trasformando l’esperienza condivisa in un’esperienza privata, sospesa nel tempo e nello spazio. Mi concentro anche su un’analisi personale dei temi antropologici legati all’attualità, esplorandone l’evoluzione sociale attraverso il linguaggio visivo. La mia pratica, simile alla narrazione, si fonda sulla necessità di raccontare e sperimentare la dialettica tra il possibile e la complessità. L’immaginazione trasforma esperienze, mitologie personali e collettive, simboli e desideri, in forme che sfidano le convenzioni, dove i confini tra interno ed esterno, alto e basso, concavo e convesso si sovrappongono.
    

Com’è organizzata la tua giornata?

La mia giornata non segue un’organizzazione rigida, ma si adatta alle necessità che si presentano di volta in volta. Quando posso, resto a letto fino a tardi e ne approfitto per mettere ordine nelle mie idee, rispondere alle e-mail, scrivere progetti, leggere e anche mangiare. Cammino molto e questa è un’attività che trovo propedeutica alla riflessione. La solitudine, che è una condizione che mi appartiene, mi dà la possibilità di “centrarmi”, offrendomi l’opportunità di essere più introspettiva, pur rimanendo sempre proiettata verso l'esterno. Citando Marracash: “Ho il superpotere di stare ore inerte”, ma poi, in un attimo, completo tutto ciò che, normalmente, richiederebbe l’impegno di un’intera giornata; ritengo che ogni cosa occupi il suo giusto posto e che tutto giunga al momento opportuno. Alterno la cura delle piante, un approfondimento bibliografico o la consueta lettura di un quotidiano alla sperimentazione in cucina, poiché il cibo è un elemento ricorrente nel mio lavoro. Credo che cucinare, come la creazione di un’opera, richieda attenzione, passione e una costante ricerca di equilibrio. I miei lavori esplorano proprio questa dimensione della casa, che diventa non solo luogo di preparazione dei pasti, ma anche spazio di immaginazione e di fuga dalla vita urbana.
    

Nella tua pratica spesso associ materiali ed elementi da cui scaturiscono opere dal forte simbolismo. Cosa cerchi di stimolare nel pubblico?

Durante la fase di progettazione di un’opera, ciò che susciterà nel fruitore non è, per me, un aspetto predominante poiché non è funzionale alla sua realizzazione. La scelta e il connubio dei materiali – spesso in forte contrasto linguistico ed estetico - sono sempre legati al progetto che è in esecuzione e restano finalizzati al soddisfacimento di quell’opera specifica. Il lavoro, così, si cristallizzerà divenendo definito, solido e compiuto, avendo corrisposto pienamente alle mie idee. Certamente, il ritorno positivo dello spettatore confermerà l’adeguatezza delle mie scelte.
    

In che modo hai iniziato a fare l’artista?

I miei genitori hanno sempre conservato con cura i disegni che realizzavo incoraggiando la mia creatività. Componevo, per esempio, collage aggiungendo bottoni, nastri e sagome ritagliate dalle riviste, illustrazioni astratte e piccole sculture in cartapesta, tutto in maniera libera, senza indicazioni o interferenze. A casa dei nonni, sfogliavo i cataloghi de “I Grandi Maestri dell'Arte”, immaginando gli artisti come Dèi dell’Olimpo. Per me, l’artista era uomo, maschio. In quella fila di libri ben ordinati, solo una monografia era dedicata a un’artista donna: Artemisia Gentileschi. Credo che tutto sia iniziato proprio in quella casa. Molte delle mie idee sono sempre state ispirate dal bisogno di immaginare una bellezza nascosta e pura, all’interno degli ambienti domestici dove mobili, suppellettili, decorazioni e oggetti sembra quasi possano prendere vita. Infatti, i miei lavori, ancor oggi, tendono verso un’estensione della realtà e, parallelamente, a un continuo processo di ridefinizione del “lessico familiare”. Non ho mai avvertito una frattura tra il gioco e la dimensione professionale. Essere artista, per me, è una necessità, una questione di come vivere e percepire il mondo, ancor prima che di dar vita all’opera. Il lavoro d’artista è qualcosa di totalizzante e assoluto e credo che anche il gioco lo sia allo stesso modo. Ora, non sono poi così diversa da quella bambina che cercava di trasformare l’invisibile in sostanza concreta e tangibile.
   

Quali sono i tuoi riferimenti visivi e teorici?

Sono appassionata di molte cose; mi piace discernere, a seconda del momento che sto vivendo e dal mio stato d’animo. Sono affascinata, in particolar modo, dalla “commedia all’italiana” e soprattutto dalla figura di Alberto Sordi, con la sua capacità interpretativa di esplorare i tratti caratteristici della società nostrana con ironia e profondità. La sua abilità nel rappresentare con umorismo i conflitti e le contraddizioni della vita quotidiana mi ha sempre ispirata, influenzando in qualche modo anche il mio approccio alla narrazione visiva. Mi perdo nelle serie tv, leggo più libri contemporaneamente e nutro una costante fame di nuovi stimoli. Desidero sottolineare l’importanza che Chiara Camoni e Antonio Moresco, seppur con linguaggi del tutto distinti, hanno avuto nel mio percorso, influenzandomi delicatamente e donandomi “visioni”, spingendomi a esplorare nuove prospettive e a dare forma a riflessioni autentiche.
   

Le opere

   
Lucia Leuci, Notturno con eclissi, 2017, porcellana, resina epossidica, pigmenti, trippa, pelle di rombo, polvere di liquirizia, falena, Ø 33 x 5 cm, Fondazione Adolfo Pini, Milano, foto di Laura Fantacuzzi

    

“Nutria (Myocastor coypus), Cimice asiatica (Halyomorpha halys), Ailanto (Ailanthus altissima)”

  

Lucia Leuci, Sculpture 1 (belly), 2017, resina epossidica, tessuto, capelli sintetici, imbottitura, filato, madreperla, plastica, carta, fiori secchi, piselli secchi, piume, 64x50x16 cm, holder: Tereza Štětinová, performance presso Polansky gallery, Praga, foto di Jan Kolský

  

“Cinghiale (Sus scrofa), Zanzara tigre (Aedes albopictus), Ambrosia (Ambrosia artemisiifolia)”

  
Lucia Leuci, Paesaggio contemporaneo con figura che indica il sole (lavello), 2020, ferro, marmo, terra, acciaio, resina epossidica, pigmenti, ceramica, vetro, vino, argento, plastica, acquerello su carta, 59x100x14 cm, foto di Alessandro Zambianchi

    

“Scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis), Cimice bruna (Halymorpha halys), Acacia di Costantinopoli (Robinia pseudoacacia)”

  
Lucia Leuci, solo show “La ragazza di città" in dialogo con Carol Rama, installation view, Tempesta gallery, Milano. Tavolo della digestione, 2020, ferro, 81x99x70 cm + La butteratura amara della mela, 2020, rame, stagno, verderame, 60x52 Ø cm + Pera da ramo potato in sintonia con i cicli cosmici, 2020, rame, stagno, verderame, 73x52 Ø cm + Ritorno a casa, 2020, ferro, seta, 91x37x25 cm, foto di Alessandro Zambianchi

     

“Pesce siluro (Silurus glanis), Tigri del legno (Xylotrechus arvicollis), Baccaris (Baccharis halimifolia)”


Lucia Leuci, Bouquet eterno (Paesaggio urbano con Huggy Wuggy), 2022, ferro, resina epossidica, pigmenti, alluminio, ottone, fossili, madreperla, plastica, pietre minerali e disegno su carta realizzato da mio nipote, 42x32x2,5 cm, foto di Tiziano Ercoli

     

“Gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), Coleottero rosso della palma (Rhynchophorus ferrugineus), Erba degli alligatori (Alternanthera philoxeroides)”  

 

Lucia Leuci, Argentina e Perù, 2022, ferro, ceramica, tessuto, pasta di vetro, madreperla, plastica, resina epossidica, ombretti, fard, 152x70x70 cm, foto di Tiziano Ercoli

  

  

“Rana toro (Lithobates catesbeianus), Caterpillar del pino (Thaumetopea pityocampa), Cortaderia selloana (Pampas grass)”

    
Lucia Leuci, duo-show “Anonymous Encounters” con Dorota Gawęda & Eglė Kulbokaitė, installastion view, eastcontemporary, Milano. Punkabbestia, 2022, ferro, resina epossidica, pigmenti, argento, quarzi, dimensioni variabili + Germinali Post-Liberty, 2022 (dittico), ferro, resina epossidica, pigmenti, tessuto, polvere di alabastro, ombretto, fard, madreperla, conchiglia, fossile, vetro, illuminazione led, 23x55x20 cm - 23x55x20 cm + Antigrazioso (Il figlio), 2022, ferro, plastica, bronzo, colori acrilici, 89x57x70 cm, foto di Tiziano Ercoli

    

“Pappagallo dal collare (Psittacula krameri), Mosca della frutta (Bactrocera dorsalis), Giacinto d'acqua (Eichhornia crassipes)”

  

Lucia Leuci, Cenere, 2023, resina epossidica, tessuto, capelli veri, pigmenti, perle, quarzi, coralli, zirconi, vetro, plastica, piume, lana, bronzo, dimensioni variabili, foto di Tiziano Ercoli
 

   

“Faina (Martes foina), Formica argentina (Linepithema humile), Giunco (Phragmites australis)”


Lucia Leuci, Fornarina madre, 2024, ferro, resina, tessuto, acrilico, polvere di alabastro, cenere, ombretto, fard, pigmenti, plastica, pietre semi preziose, fossili, 163x60x38 cm, foto di Alessio Beato

  

  

“Coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus), Acaro delle palme (Aceria guerreronis), Canapa sativa (Cannabis sativa)”

 

Lucia Leuci, solo show “Il vero riconosce il vero" a cura di Matilde Gallletti, installation view, Palazzo dei Priori, Fermo. Paesaggio con Fornarina in lotta con sé stessa, 2024, ferro, resina, pigmenti, ceramica, tessuto, plastica, colori acrilici, capelli, fard, alluminio, quarzi, perle, madreperla, pietre semi preziose, fossili, neon, dimensioni variabili + Fornarina che corre a dare l'allarme, 2024, ferro, resina, pigmenti, alluminio, quarzi, perle, madreperla, pietre semi preziose, fossili, neon, dimensioni variabili, foto di Alessio Beato
  

   

   
“Tasso americano (Taxidea taxus), Mosca del cavolo (Delia radicum), Convolvolo gigante (Ipomoea purpurea)”

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