La sinistra ottusa contro Uber
Gode per la sua cacciata come fosse una vittoria sul capitalismo
“Oggigiorno la satira si scrive da sola” esordisce pungente Brendan O’Neill, direttore di Spiked. “Negli ultimi sedici mesi, da quando gli elettori hanno detto no all’Unione europea, la gang dei presunti liberali ha cercato di evidenziare le proprie virtù difendendo i lavoratori immigrati. Questo tipo di ‘remainer’ (il nome usato per indicare gli europeisti inglesi, ndr) ha riempito gli editoriali e le chiacchiere da party con una triste retorica sugli stranieri che perderanno il diritto di lavorare e viaggiare in Gran Bretagna. E tuttavia questo stesso tipo di persone ha gongolato quando il sindaco di Londra Sadiq Khan e i suoi scagnozzi all’autorità per i trasporti di Londra (TfL) hanno rifiutato di rinnovare la licenza di Uber nella capitale inglese. Questo significa che trentamila persone perderanno il lavoro. Molti di loro sono immigrati. I liberali piangono per i lavoratori immigrati un giorno e se la ridono quando perdono il loro salario il giorno dopo.
Chiunque penserebbe che la loro preoccupazione principale abbia meno a che fare con il diritto al lavoro dei migranti e più con il loro insaziabile bisogno di un piedistallo politico. Non bisogna essere ingenui fan di Uber per essere preoccupati per la stretta burocratica di TfL. Io Uber lo uso, come milioni di altri londinesi, perché è più economico dei taxi, non servono contanti ed è comodo. Questo non significa che creda che Uber sia perfetto. Qualunque siano i difetti di Uber, quello che hanno fatto Khan e i suoi seguaci è sbagliato e avrà delle conseguenze. In questo caso, la rimozione della licenza di Uber giustificata in nome della sicurezza pubblica ha avuto come risultato il sovvertimento delle vite dei suoi lavoratori, in larga parte immigrati. Così, con un semplice tratto di penna della burocrazia, il lavoro che svolgevano ogni giorno non esisterà più. Da qualsiasi angolo si guardi la decisione, il fatto è che la gente che aveva un lavoro non ce l’avrà più. E chi sono queste persone? I meno abbienti.
Gli immigrati. Sono persone che sfidano la sorte nella cosiddetta gig economy perché l’economia ‘reale’ non ha nulla da offrirgli. Sono persone come Pal Singh, 61 anni, che ha detto al Financial Times: ‘Questo lavoro mi serve per vivere, devo pagare le bollette… chi me lo ridà un lavoro adesso?’. Il signor Singh è orgoglioso dei suoi recenti guadagni settimanali: 1.050 sterline, 897, 841. Sono un sacco di soldi da perdere. Di nuovo: sono persone come Mohammed Nizam Jearally, che ha perso il lavoro nel servizio sanitario nazionale e si è rifatto con Uber, dove ora guadagna più di prima. E’ una burocrazia spaventosamente gelida quella che pone fine a questi lavori senza un’ombra di dubbio, e una sinistra ottusa quella che saluta l’azione come una vittoria contro il capitalismo’.
Il Foglio internazionale