Charlie Hebdo deve continuare a vivere
Il direttore parla delle minacce dopo il caso Tariq Ramadan. Scrive il Figaro
Dopo aver ricevuto nuove minacce di morte, il settimanale Charlie Hebdo sta presentando una denuncia. Il suo direttore, “Riss”, intervistato dal Figaro, parla anche della vita del giornale dal gennaio 2015, quando i suoi colleghi vennero massacrati dagli islamisti. “Questa non è la prima volta dal gennaio 2015 che abbiamo ricevuto minacce di morte. Dal gennaio 2015, l’invocazione all’omicidio è diventata comune, soprattutto sui social. Oggi, la violenza terroristica può colpire chiunque, non solo Charlie Hebdo. Il ‘prezzo da pagare’, se ce n’è uno, è adesso per tutti”. Riss ha preso parte al processo al fratello del terrorista che nel 2012 uccise quattro ebrei a Tolosa. “La vicenda di Merah è l’inizio di qualcosa, la spiegazione di un tipo di attacco senza precedenti in Francia. Ho passato settimane ad ascoltare questa famiglia spiegare che l’America e Israele stavano uccidendo i loro fratelli arabi e che dovevano essere vendicati. Se nel 2018 ci sarà un processo che coinvolge la rete dietro gli attacchi del gennaio 2015, sarò chiamato come testimone. Il processo Merah mi avrà preparato per questo scontro che, so già in anticipo, sarà molto difficile”.
Dal 2015, sei circondato da guardie del corpo. Come si vive? “Nessuno di noi nella squadra potrà mai andare avanti senza avere in mente quel giorno. Si muove sopra le nostre teste, tutti ci pensano, senza mai parlarne. Ognuno di noi ha sperimentato qualcosa di diverso, a seconda di dove si trovava. Eppure tutti erano al centro del dramma. Ero nella redazione, e quello che ho passato – il rumore, gli odori – non si può raccontare. ‘Luz’ ha scritto un libro sulla sua esperienza. Io non ho le parole, e, comunque, non so se la mia storia sarebbe capita da altri”. Usi le stesse parole dei sopravvissuti dell’Olocausto, dopo la guerra. “E’ lo stesso. Alcune cose provengono da una lingua sconosciuta alla gente comune. Perché parlare? Mi chiedo. Tutto quello che so è che non voglio essere bloccato in uno stato di vittima, specialmente perché tutti ci vedono come tali”.
Qual è il futuro di Charlie Hebdo? “Nel gennaio del 2015 la gente ha capito che potevamo scomparire. Quello che non sanno è che non è questo il caso. Dopo la tragedia, ci siamo trovati investiti di una missione. Cerchiamo di rispondere concentrandoci su ciò che vogliamo fare, l’umorismo. Siamo sempre stati pessimisti! Ma quindici anni dopo il primo numero di Charlie, ci troviamo di fronte all’obbligo di continuare”.
Oggi chi sono i tuoi sostenitori? “L’esistenza stessa del giornale rafforza coloro che ci hanno sostenuti e ci rafforza nella nostra determinazione a continuare a farlo. C’è un interesse reciproco, tra lettori, cittadini e membri del giornale, per vedere Charlie Hebdo esistere, tre anni dopo l’attacco”. Sei preoccupato dall’islamo-goscismo che fa parte del panorama politico? “Non ci sorprenderanno più e risponderemo in modo da far loro perdere tutta la loro credibilità. Come la sinistra convenzionale incarnata dal Partito socialista, gli ‘islamo-goscisti’ sono in piena decadenza. La crisi sta colpendo anche questa parte della sinistra. I cosiddetti ‘radicali’ o ‘alternativi’ di sinistra stanno toccando il fondo”.
Il Foglio internazionale