La bolla sta per scoppiare (di nuovo)
"Molti aspetti dell’oggi assomigliano a quei giorni precedenti la crisi", scrive sul Sunday Times lo storico di Harvard Niall Ferguson
"La cosa su cui, nel corso della mia carriera, ho avuto più ragione è quella per cui ho ricevuto meno credito” ha scritto sul Sunday Times lo storico di Harvard Niall Ferguson. “A partire dal giugno del 2006, ho scritto una serie di articoli e ho tenuto una serie di conferenze in cui prevedevo, con considerevole precisione, la crisi finanziaria globale. Vi dico questo soltanto in modo che ascoltiate attentamente le mie idee sulla situazione odierna dell’economia globale. Dopo tutto, molti aspetti dell’oggi assomigliano a quei giorni precedenti la crisi: i prezzi di quasi ogni categoria di asset stanno aumentando. In quasi tutti i mercati immobiliari (soprattutto l’Irlanda) i prezzi delle case aggiustati per l’inflazione sono superiori a quello che erano alla vigilia della crisi. Il costo delle case americane è precipitato di un quarto tra il 2006 e il 2012. Ora si sono risollevati e stanno crescendo. I palazzi di New York valgono il 19 per cento in più rispetto al picco pre crisi: il mercato immobiliare, tra l’altro, non è stato il più produttivo del 2017. Ora considerate le seguenti quattro ragioni per essere preoccupati. Primo, la festa della politica monetaria sta per finire. La Fed e ora la Banca d’Inghilterra stanno alzando i tassi. Gli asset combinati delle quattro grandi banche centrali – la Fed, la Bce, la Banca del Giappone e la Banca d’Inghilterra – raggiungeranno un nuovo picco a dicembre 2018, ma il tasso di espansione sta già cedendo il passo. Perdipiù, la crescita del credito globale aggregato sta rallentando. Secondo, come sostenuto da Charles Goodhart e da altri economisti, ci troviamo a un punto storico di inflessione demografica. Globalmente, la percentuale di lavoratori per consumatori è ai massimi.
Non basta: il crescente tasso di dipendenza in concomitanza con l’invecchiamento della popolazione non si sta traducendo in un aumento dei risparmi, bensì dei consumi, soprattutto nella sanità. Le reti di sicurezza del welfare hanno incoraggiato molti pensionati a non salvaguardarsi a sufficienza, non hanno cioè preso in considerazione l’allungamento delle aspettative di vita. Terzo: politica monetaria a parte, il mondo iperconnesso di oggi – in cui le aziende più grosse sono tutte intente a ridurre qualsiasi costo debbano affrontare, dagli acquisti alla ricerca al social networking – è un mondo strutturalmente deflazionistico. Stando alla Banca mondiale, una sconvolgente varietà di lavori – dai processori di cibo ai professionisti della finanza – hanno più del cinquanta per cento di probabilità di essere ‘computerizzati’, con la tecnologia che rimpiazzerà interamente o in parte i lavoratori umani. Non ci sono crisi finanziarie uguali. La prossima sarà diversa dalla precedente. Ma ci sarà una nuova crisi, e mentre ci togliamo le medicazioni monetarie di questi anni essa si fa più vicina. Questa volta, per favore, ascoltate le mie raccomandazioni”.
Il Foglio internazionale