L'Iran è segnato, ma sarà dura batterlo
La rivoluzione non si modera. Rovesciarla sarà doloroso, scrive Politico
Le proteste che hanno investito l’Iran smentiscono la nozione una volta popolare secondo cui lo spirito della rivoluzione verde che ha quasi rovesciato la Repubblica islamica nel 2009 si è estinto”. Lo scrive Ray Takeyh del Council on Foreign Relations. “E’ possibile che un regime islamista con poca compunzione per l’uccisione dei propri cittadini sopravviva a questa ultima sfida alla sua autorità. Se dovesse sopravvivere, la teocrazia iraniana non sarà la stessa, con la principale vittima in Hassan Rouhani. Mentre il leader supremo Ali Khamenei e i suoi discepoli della linea dura valutano la situazione, probabilmente si accalcheranno e insisteranno su una repressione maggiore in casa. Rouhani, un funzionario di lunga data del regime, ha condotto una campagna presidenziale cinica e sovversiva nel 2017. Promise una rapida crescita economica, una carta dei diritti umani e un governo responsabile. Rouhani, che come uno dei sostenitori del regime aveva partecipato a tutti i suoi precedenti atti di repressione, in particolare le rivolte studentesche del 1999 e la rivolta dei Verdi del 2009, non aveva intenzione di attuare riforme così radicali. Questa era politica a basso costo che ha portato alla disaffezione popolare e infine alla protesta nazionale che stiamo vedendo ora. Mentre la presidenza di Rouhani indugia, Khamenei e gli irriducibili useranno il loro potere istituzionale dominante per imporre finalmente la loro visione di un governo islamista incontaminato".
"I conservatori iraniani sono imbevuti di un’ideologia che considera lo scopo essenziale dello stato come la realizzazione della volontà di Dio sulla Terra. Date tali inclinazioni ideologiche, i fedeli sono assolutamente sprezzanti nei confronti della responsabilità democratica e non si preoccupano della loro perdita di popolarità e della diffusa insoddisfazione per il dominio teocratico. La legittimità dello stato non si basa sulla volontà collettiva, ma su un mandato dal cielo. L’Iran entrerà in una delle sue epoche più buie, con un’escalation di repressione, censura e l’imposizione di onerose restrizioni culturali. Per anni, Khamenei ha insistito su una ‘economia di resistenza’, cercando di proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza estera ed evitare gli scambi con l’Occidente in favore dei mercati locali. Rouhani ha cercato di fare affidamento a investimenti stranieri per rigenerare l’economia. Questa è stata sempre una rivoluzione senza frontiere, e visto il collasso del sistema statale regionale, la Repubblica Islamica vede opportunità uniche per proiettare il suo potere. L’imperialismo è sempre stato allettante per i rivoluzionari, nonostante il fatto che i suoi costi superino i suoi benefici. La Repubblica islamica sta entrando in un periodo di transizione prolungata in cui non sarà più in grado di offrire una teocrazia dal volto umano. Alla fine, la rivoluzione iraniana è impossibile, poiché ha creato una teocrazia che non può riformarsi e accogliere le aspirazioni dei suoi cittadini inquieti e giovani. La tragedia di Ali Khamenei è che nel consolidare la sua rivoluzione, sta assicurando l’eventuale scomparsa del suo regime”.
Il Foglio internazionale